Utilizzabili le prove acquisite irritualmente nel processo penale

8 Aprile 2025

Con la recente sentenza n. 8452/2025 la Suprema Corte è tornata ad occuparsi del tema dell’utilizzabilità ai fini fiscali di elementi probatori irritualmente acquisiti. Al riguardo, ha ribadito il principio secondo cui l’irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta automaticamente l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso. L’inutilizzabilità si verifica soltanto in caso di lesione di diritti fondamentali di rango costituzionale quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.

Il caso

L’Amministrazione finanziaria ha emesso un avviso di accertamento nei confronti del sig. A.A. per l’anno di imposta 2005 ai fini IRPEF, irrogando altresì una sanzione amministrativa pecuniaria.

La ripresa erariale scaturiva dal mancato adempimento agli obblighi previsti in materia di monitoraggio fiscale, avendo omesso il contribuente di indicare nel quadro RW della dichiarazione dei redditi le attività finanziarie detenute all’estero. D conseguenza, l’Ufficio ha ricostruito presuntivamente i corrispondenti redditi.

Il contribuente ha proposto ricorso innanzi alla competenza CTP che, in accoglimento dello stesso, ha annullato l’atto impositivo.

A seguito di impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, la competente CTR ha accolto l’appello erariale, all’esito di un giudizio svoltosi in contumacia per mancata costituzione del contribuente.

I Giudici di appello hanno rilevato come il contribuente, rinunciando a costituirsi nel giudizio di appello, avrebbe rinunciato le questioni da lui poste innanzi ai giudici di primo grado.  Hanno precisato, altresì, che nella specie il contribuente non ha mai contestato la veridicità delle allegazioni erariali, limitandosi a confutare l’inutilizzabilità dei dati acquisiti dall’Amministrazione finanziaria in quanto provenienti da un procedimento penale riferito a diversi fatti.

Non vi sarebbe, ad avviso della CTR, la violazione della Convenzione di amicizia e buon vicinato fra l’Italia e la Repubblica di San Marino, in mancanza di un limite all’utilizzabilità ai fini fiscali di detti documenti. Difatti, anche se nella specie sia stata apposta una limitazione all’utilizzo dei dati dall’Autorità sammarinese, secondo la CTR che la stessa deve ritenersi irrilevante nella specie perché valevole solo per procedimenti penali relativi ai reati diversi a quelli oggetto di inchiesta ma non negli accertamenti fiscali.

Il sig. A.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a plurimi motivi.

Per quanto rileva ai fini del presente commento, con il primo motivo il contribuente ha censurato la sentenza di appello ritenendo che la sussistenza della disponibilità finanziaria estera non poteva desumersi dalla mancata contestazione da parte del ricorrente, essendo l’A.F. onerata di fornire la prova delle proprie allegazioni.

Con il secondo motivo ha denunziato la violazione di legge, in particolare degli artt. 33, 37 del d.P.R. n. 600/1973, degli artt. 97, 111 e 113 Cost e della Convenzione italo-sammarinese dell’8 novembre 1990. La censura muove dal rilievo secondo cui la documentazione utilizzata era stata acquisita in sede penale ove l’autorità giudiziaria competente aveva disposto il divieto di utilizzo “per fini diversi da quelli indicati nella domanda”.

La decisione

La Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso con condanna al pagamento delle spese di giudizio.

In ordine al primo motivo, la Suprema Corte muove le proprie considerazioni richiamando l’art. 12, comma 2 del D.L. n. 78/2009 secondo cui “in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (…) si presumono costituite, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tal caso, le sanzioni previste dall’art. 1 del D. L. 471/1997 sono raddoppiate”.

Tale disposizione – spiega la Corte – avendo carattere sostanziale non può essere applicata retroattivamente; tuttavia, il Giudice tributario può fondare il suo convincimento anche sulla base di presunzioni semplici, in relazione in presenza di un elemento dotato di gravità e precisione, essendo la concordanza un requisito soltanto eventuale. In tal caso, vi è stato l’accertamento delle disponibilità finanziarie e degli incrementi conseguiti sulla base della documentazione acquisita in sede penale e tale elemento è idoneo a fondare una contestazione presuntiva, non superata dalla posizione del contribuente che mai ha disconosciuto la sussistenza delle utilità in questione.

In relazione al tema dell’utilizzabilità dei dati irritualmente acquisiti la Cassazione ha richiamato i principi applicabili in materia previsti dai consolidati orientamenti di legittimità. A tal proposito, ha precisato che “eventuali limitazioni apposte all’utilizzo degli atti acquisiti tramite rogatoria non si estendono al processo tributario, proprio in quanto quest’ultimo, diversamente dal processo penale, ha natura amministrativo-contenziosa e mira non già all’accertamento della responsabilità penale, ma a quello del debito d’imposta, tanto che finanche le informazioni illecitamente acquisite in sede penale sono valutabili dal giudice tributario quali elementi indiziari che possono concorrere a formare il suo convincimento[1].

Precisa quindi la Corte che: “non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, fatta esclusione per i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.[2].

Nello specifico, è stato affermato che: “non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite. Tale principio è stato introdotto nel nuovo codice di procedura penale, e vale, ovviamente soltanto all’interno di tale specifico sistema procedurale” [3]. Essendosi la CTR conformata ai suddetti principi, i motivi proposti dal contribuente sono stati ritenuti infondati.

Si tratta questa di una pronuncia di interesse che si pone nel solco dei principi fissati sul punto dalla Suprema Corte. Pronuncia che deve valutarsi anche in relazione alla nuova disposizione prevista dall’art. 7-quinquies dello Statuto del contribuente, secondo cui: “Non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti oltre i termini di cui all’articolo 12, comma 5, o in violazione di legge”.

F.D.D.


[1] Cass. n. 25473/2022, n. 11162/2021 e n. 31085/2019.

[2] Cass. n. 24923/2021, n. 20358/2020 e n. 31779/2019.

[3] Cass. n. 8605/2015.

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