La Consulta ha sospeso il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 115-119, della L. n. 197/2022, introduttivo del discusso contributo di solidarietà straordinario sugli extraprofitti derivanti da attività svolte nel settore energetico, effettuando un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’unione Europea. Sotto la lente, in particolare, l’illegittimo ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione del contributo operato dalla norma interna. *** Il caso L’annosa vicenda relativa al contributo di solidarietà dovuto per il 2023 sugli extraprofitti derivanti da attività svolte nel settore energetico approda a Bruxelles. A seguito della rimessione, da parte del TAR Lazio, della questione di legittimità della norma introduttiva del contributo (art. 1, commi da 115 a 119, della L. n. 197/2022) la Corte costituzionale, diversamente da quanto verificatosi per il contributo straordinario introdotto per il 2022, si è pronunciata con l’ordinanza n. 21 del 20 febbraio 2025, sollevando rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea affinché effettui un vaglio circa la conformità del contributo all’ordinamento comunitario. Come noto, infatti, al fine di attenuare gli effetti dell’impennata dei prezzi verificatasi in conseguenza della crisi russo-ucraina il Regolamento (UE) 2022/1854 aveva previsto l’introduzione di un contributo di solidarietà temporaneo, quale “misura di ridistribuzione grazie alla quale le imprese interessate contribuiscono ad attenuare la crisi energetica nel mercato interno proporzionalmente agli utili eccedenti che hanno realizzato in conseguenza delle circostanze impreviste”, al contempo prevedendo la possibilità, per gli Stati membri, di introdurre “misure nazionali equivalenti”, idonee a contribuire all’accessibilità economica dell’energia. Il legislatore italiano ha recepito le indicazioni unionali introducendo, mediante l’art. 1, co. 115-119, della L. n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023), il contributo di solidarietà temporaneo avente natura eccezionale, circoscritto al periodo d’imposta 2023, “per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese e i consumatori” (cfr. Relazione illustrativa). Tuttavia, dalla formulazione della norma appare chiaro l’ampliamento dell’ambito soggettivo di operatività del contributo fino a ricomprendervi quasi la totalità della filiera energetica: una “licenza giuridica” che ha invero suscitato molte perplessità, atteso che la disposizione regolamentare non sembra riconoscere al legislatore nazionale alcun margine di discrezionalità in ordine all’ambito soggettivo di operatività della misura. Ciò farebbe dubitare del carattere di “equivalenza” della misura adottata dall’ordinamento interno rispetto a quella europea. Anche per tale ragione, pertanto, una serie di ordinanze emesse dal TAR Lazio (tra cui la n. 767 del 16 gennaio 2024[1]) avevano sollevato questione di legittimità costituzionale della norma contenuta nella Legge di Bilancio 2023. Le ordinanze, in realtà, si diffondevano criticamente su svariati aspetti problematici della disposizione in esame. Tuttavia, è proprio sui profili di ordine soggettivo che la Consulta ha ritenuto di dedicare particolare attenzione. In tal senso, la richiamata ordinanza n. 767/2024 del TAR Lazio aveva evidenziato una potenziale contrarietà all’art. 117 Cost. con riguardo ai vincoli derivanti dal Regolamento UE 1854/2022, direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale. Il legislatore italiano, infatti, anziché far propria una misura contributiva di solidarietà a carico dello specifico settore dell’estrazione e raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria (misura che sarebbe stata realmente “equivalente” rispetto a quella unionale, dato che l’art. 2, par. 1, n. 17 del Regolamento circoscrive a tali settori l’ambito di appartenenza dei soggetti passivi designati), ha ritenuto di adottare una misura in apparenza solo “pseudo-equivalente”, estendendo la platea dei soggetti passivi fino a ricomprendervi anche imprese appartenenti a settori differenti. Ciò avrebbe vanificato anche la ratio della previsione regolamentare, rispondente a criteri di armonizzazione peculiari della disciplina unionale ed alla logica per cui i soli soggetti c.d. price makers sarebbero stati in grado di realizzare un vero e proprio extraprofitto dall’incremento anomalo dei prezzi di mercato nel settore energetico. La decisione della Corte costituzionale. Tali profili di anomalia della normativa nazionale hanno indotto il Giudice delle leggi a sospendere il giudizio di legittimità costituzionale e rinviare la questione alla Corte di Giustizia. L’ordinanza n. 21/2025 ha evidenziato che l’adozione della “misura equivalente” a quella prevista a livello regolamentare europeo si è invero tradotta, a livello di normazione interna, nella sottoposizione a imposta di extraprofitti congiunturali realizzati da soggetti effettivamente non rientranti nell’originaria platea di destinatari del contributo di solidarietà delineata dal Regolamento. In tale ampliamento potrebbe, dunque, ravvisarsi il rischio di una incompatibilità della legge interna con l’ordinamento unionale. Più in dettaglio, la Corte costituzionale ha chiesto al Giudice sovranazionale di pronunciarsi in merito al seguente quesito: “se gli artt. 1, 2 e 14 del regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell’energia, letti anche alla luce dei pertinenti considerando (in particolare, numeri da 6 a 12, 14, 15, 40, 41, 45, 46, 50, 51 e 63), ostino all’adozione di una misura nazionale equivalente al contributo di solidarietà quale quella prevista dall’art. 1, commi da 115 a 119, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nella parte in cui la misura medesima viene imposta anche ai produttori e rivenditori di energia elettrica, nonché ai distributori, rivenditori di prodotti petroliferi, ai rivenditori di gas metano e gas naturale, e a coloro che importano energia elettrica, gas naturale, gas metano o prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea, ove costoro abbiano percepito extraprofitti congiunturali nell’anno 2022”. Nel far ciò, la Consulta ha inteso evidenziare la natura eccezionale del potere esercitato dall’Unione e le finalità, altrettanto eccezionali, perseguite dal Regolamento, interrogandosi sui margini di discrezionalità residuati in capo agli Stati membri in sede di attuazione delle disposizioni regolamentari (“[…] l’esigenza di garantire un eccezionale coordinamento impositivo sulla catena energetica per evitare (ulteriori) distorsioni al mercato interno, per quanto rilevante, dovrebbe essere contemperata con il principio di solidarietà e con gli altri interessi generali dell’Unione europea resi centrali dallo stesso regolamento, quali la tutela dei consumatori, delle imprese e delle famiglie, la stabilità economica delle finanze pubbliche degli Stati membri e dell’intera eurozona”). Tutto ciò, tenendo altresì conto delle peculiarità del contesto energetico nazionale. Evidenzia infatti la Corte che “non vi sono sul territorio italiano attività estrattive di petrolio e nel settore del carbone particolarmente importanti […] da cui attingere sufficienti risorse per finanziare le misure a tutela delle imprese e delle famiglie ritenute necessarie dalla stessa Unione per far fronte alla situazione eccezionale di crisi (per come riferito dall’Avvocatura generale dello Stato, gli introiti che sarebbero derivati utilizzando la medesima platea soggettiva del regolamento sarebbero stati pari a circa la metà di quelli raccolti con la misura adottata dal legislatore). Ne consegue che la scelta di imporre la misura equivalente ad ulteriori soggetti che pure hanno goduto di extraprofitti congiunturali durante la crisi energetica è legata alle peculiarità del contesto energetico nazionale e risponde alla menzionata finalità ultima del regolamento di finanziare misure nazionali volte a contribuire all’accessibilità economica dell’energia”. Seguendo tale iter logico-interpretativo, pertanto, l’ampliamento dei soggetti destinatari del contributo ad opera del legislatore nazionale potrebbe essere ritenuto, “nel contesto economico ed energetico nazionale”, alla stregua di una misura equivalente o, comunque, manifestazione della generale competenza degli Stati membri in materia di fiscalità diretta esercitata nel rispetto del principio di solidarietà e delle finalità del Regolamento. Nessuna valutazione, invece, è stata effettuata in ordine ai numerosi profili di illegittimità costituzionale sollevati dal Collegio rimettente, che ha evidenziato un potenziale vulnus arrecato dal contributo straordinario, come congegnato dal legislatore italiano, ai principi di uguaglianza, capacità contributiva e proporzionalità altresì con riferimento: Su tali aspetti, altrettanto rilevanti, la Corte costituzionale ha sospeso il giudizio, riservandosi di statuire a valle della sentenza del Collegio europeo. F.N. [1] Si v. Extraprofitti 2023, la parola alla Consulta, Osservatorio GT, https://www.osservatorio-giustiziatributaria.it/2024/01/25/extraprofitti-2023-la-parola-alla-consulta-tar-lazio-ordinanza-n-767-2024/ nonché F. Pacchiarotti – F. Naio, Extraprofitti 2023 nel settore energetico, profili di incostituzionalità, IUS Tributario, Giuffrè, https://ius.giuffrefl.it/dettaglio/10837068/extraprofitti-2023-nel-settore-energetico-profili-di-incostituzionalita .