Il presente contributo è stato redatto in collaborazione con l’Osservatorio Compliance 231 nell’ambito della rubrica mensile “Focus Penale Tributario”. *** La terza sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 4145 del 31 gennaio 2025, si è pronunciata in tema di causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131–bis c.p. in presenza della commissione del reato di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000) avente ad oggetto un’evasione d’imposta per importi non irrisori. Secondo la Suprema Corte, in casi consimili non è possibile escludere l’operatività della causa di non punibilità; inoltre, il successivo pagamento di quanto dovuto potrà essere valutato dal giudice esclusivamente come indice della tenuità, a meno che non integri la diversa causa di non punibilità disciplinata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000. Il caso Per quanto desumibile dalla scarsa ricostruzione dei fatti oggetto di controversia, la Corte d’Appello di Bologna, riformando parzialmente una pronuncia di primo grado del Tribunale di Modena, aveva rideterminato la pena irrogata nei confronti di un soggetto condannato per il delitto di dichiarazione infedele. In particolare, il giudice del gravame aveva negato l’operatività della predetta causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto "atteso l'importo non irrisorio della somma evasa". In sede di giudizio di legittimità il ricorrente ha lamentato l’inosservanza e l’erronea applicazione dell'art. 131-bis c.p. da parte della Corte d’Appello, stante la totale pretermissione di ogni valutazione in ordine alla condotta susseguente al reato, consistita nell'integrale pagamento del debito erariale mediante definizione agevolata dei carichi affidati all'Agente della riscossione (c.d. rottamazione). La decisione La Corte ha ritenuto fondata la doglianza di parte ricorrente, evidenziando come la pronuncia oggetto di impugnazione abbia invero omesso la necessaria valutazione delle modifiche apportate all’art. 131-bis c.p. dal D.Lgs. n. 150/2022 di attuazione della Riforma Cartabia (L. n. 134/2021). A seguito dell’entrata in vigore di tale decreto, infatti, il giudice è tenuto a valutare, nel più generale quadro relativo alla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, il comportamento tenuto dall’imputato successivamente alla commissione del reato. In particolare, rientra nel novero di tali condizioni “l'integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l'Erario, anche attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l'adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali", come già evidenziato dalla Sez. IV della Suprema Corte con sent. n. 14073/2024. Nel caso di specie, come già riferito, l’imputato aveva estinto il debito tributario mediante corresponsione del quantum dovuto avvalendosi dell’istituto della rottamazione dei carichi fiscali, ragion per cui tale condotta non poteva, alla luce del vigente portato normativo, non essere adeguatamente valutata dalla Corte d’Appello ai fini dell’operatività dell’esimente per particolare tenuità del fatto, tanto più che tale comportamento avrebbe potuto assumere rilievo anche con riguardo ai fatti commessi anteriormente al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del richiamato D.Lgs. n. 150/2022. Va da sé che il comportamento successivo, volto a ripianare il debito con l’Erario, non è suscettibile ex se di mutare una condotta offensiva particolarmente grave in una connotata da particolare tenuità: tuttavia, è necessario che lo stesso venga vagliato dal giudice nel più ampio quadro del complessivo giudizio relativo all’entità dell’offesa, valutazione “da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133 co. 1 c.p.” (vale a dire natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e, più in generale, modalità dell'azione, nonché gravità del danno o del pericolo causato alla persona offesa ed intensità o grado dell’elemento soggettivo di dolo o colpa). Ciò assume ancor più valenza alla luce della ratio della novella. Occorre infatti considerare, nell’economia generale dell’art. 131-bis c.p. e nella sua cornice finalistica (deflazione del carico giudiziario, rispetto del principio di proporzione tra disvalore del fatto e pena irrogata, nonché attenta valutazione della posizione della persona offesa dal reato), che la persistenza di antigiuridicità e colpevolezza non esclude, tuttavia, che motivazioni di ordine politico-criminale possano indurre a non applicare la pena, in un’ottica di bilanciamento di interessi contrapposti che, diversamente, potrebbero essere lesi ove la stessa venisse concretamente irrogata. Tale posizione è inoltre avvalorata dall’ulteriore novella del comma 3-ter introdotto dal D.Lgs. n. 87/2024 in seno all’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000. La nuova norma prevede, infatti, con la massima chiarezza che ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p. il giudice valuta, “in modo prevalente”, uno o più indici tra cui “a) l'entità dello scostamento dell'imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l'avvenuto adempimento integrale dell'obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l'amministrazione finanziaria; c) l'entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14". Tutto ciò considerato, pertanto, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza oggetto di impugnazione per intercorsa prescrizione del reato. Diversamente, precisa il Collegio, ove ciò non si fosse verificato la pronuncia sarebbe stata annullata con rinvio, al fine di consentire al giudice di appello di procedere a una nuova valutazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. L’intervenuta estinzione del reato, invece, vanifica la possibilità di un rinvio, con conseguente annullamento della pronuncia in sede di giudizio di legittimità.