Non è sufficiente a integrare il reato omesso versamento delle ritenute certificate ai sensi dell’art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000 la condotta consistente nel mero inoltro telematico all’Agenzia delle entrate della dichiarazione, essendo necessaria ai fini probatori l’effettivo rilascio ai sostituiti delle ritenute certificate. *** Il fatto Con la sentenza n. 530 dell’8 gennaio scorso, la terza sezione penale della Corte di cassazione si è pronunciata in tema di presupposto oggettivo per l’integrazione della fattispecie di reato di omesso versamento di ritenute certificate. In dettaglio l’imputato, in qualità di presidente del Consiglio di amministrazione e amministratore delegato di una società a responsabilità limitata, aveva omesso di provvedere al versamento di ritenute certificate per importi superiori ad Euro 150.000 come risultanti dalle dichiarazioni presentate per le annualità 2015 e 2016, così superando la soglia di punibilità prevista dall’art. 10-bis del D.Lgs. n. 74/2000 nella formulazione ratione temporis vigente. Il Tribunale di Torino e, successivamente, la Corte d’Appello hanno condannato a sei anni di reclusione e pene accessorie di legge l’imputato, il quale pertanto ha proposto ricorso per cassazione basato su molteplici motivi, tra cui la nullità del decreto di citazione a giudizio, la mancata pronuncia di proscioglimento, la violazione di legge e la mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto. In particolare, per quanto qui di rilievo, con il quarto motivo il ricorrente ha lamentato l’assenza di prova del rilascio delle certificazioni ai dipendenti della società. La sentenza di condanna, infatti, si era basata esclusivamente sul complesso delle certificazioni trasmesse dal datore di lavoro all’Agenzia delle entrate: elemento, quest’ultimo, tuttavia ritenuto insufficiente a integrare l’ipotesi di reato ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000, come altresì reiteratamente statuito dalla più recente giurisprudenza di legittimità. La decisione La Suprema Corte ha dunque ritenuto di accogliere il quarto motivo di ricorso, rilevando come l’inoltro telematico delle certificazioni non possa essere considerato equipollente alla materiale consegna delle stesse ai dipendenti. Il Collegio ha espressamente richiamato la sentenza n. 175/2022 con cui la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 10-bis D.Lgs. 74/2000, come modificato nel 2015, nella parte in cui ricollegava il reato alla dichiarazione del sostituto di imposta. La Corte costituzionale, inter alia, aveva richiamato quanto statuito in punto di onere probatorio dalla Corte di cassazione con sentenza n. 24782/2018, resa a Sezioni Unite, secondo cui “[i]n tema di omesso versamento di ritenute certificate il solo modello 770 (di dichiarazione delle erogazioni effettuate e delle ritenute operate) non è idoneo a provare il fatto del rilascio delle certificazioni”, vero presupposto oggettivo del reato. In tal senso, se è vero che il nuovo delitto di omesso versamento di ritenute non richiede più la prova della certificazione, tuttavia le indicazioni contenute nel Mod. 770 costituiscono un mero indizio, insufficiente ad assumere rilevanza probatoria in giudizio a fronte del canone dell’accertamento al di là di ogni ragionevole dubbio ex art. 533 c.p.p. Ne consegue che grava sul P.M. l’onere di ricercare, al fine di raggiungere la prova richiesta per configurare la fattispecie di reato in parola, ulteriori e diversi elementi rispetto al solo Mod. 770 (Cass. pen., n. 43238/2022 nonché n. 11565/2022 secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000, è sempre necessaria la prova non solo dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni, ma anche del rilascio delle certificazioni ai sostituiti). Alla luce di tali argomentazioni, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che, al fine di verificare la configurabilità del reato in esame sotto il profilo della sussistenza del presupposto oggettivo, il giudice “deve tener conto, nel determinarne l’ammontare, delle sole certificazioni rilasciate ai dipendenti dal soggetto obbligato, attestanti l’entità delle ritenute operate per ciascuno di essi”. Secondo la Corte, pertanto, la Corte d’Appello ha erroneamente considerato sufficiente l’inoltro telematico delle certificazioni all’Agenzia delle entrate come prova del rilascio delle certificazioni ai dipendenti. Viceversa, ai fini penali è necessario l’effettiva consegna ai sostituiti delle ritenute certificate, “adempimento non surrogabile attraverso l’inoltro della dichiarazione – da parte del sostituto – all’Agenzia”, e ciò anche in quanto “il “rapporto bilaterale” che si instaura con il rilascio non trova applicazione quando gli atti vengono caricati su portale telematico”, atteso che “pur entrati i certificati nella disponibilità dei sostituiti [a seguito del suddetto inoltro telematico] non può presumersi che tutti questi siano in grado e abbiano i necessari mezzi per accedere al portale”. Conseguentemente, assorbiti gli altri motivi di ricorso non espressamente rigettati, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio ad altra sezione della competente Corte d’Appello. F.N.