Doppio binario penal-tributario, il nuovo art. 21-bis è retroattivo

7 Gennaio 2025

Con la sentenza n. 30814/2024 la Suprema Corte ha ribadito il principio per cui il neo-introdotto art. 21-bis del D.Lgs. n. 74/2000, che riconosce efficacia di giudicato nel processo tributario alla sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione resa con le formule di legge tassativamente previste, è applicabile, quale ius superveniens, anche ai casi in cui, stante la pendenza del giudizio di cassazione avverso la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti penalmente rilevanti, la pronuncia penale di assoluzione sia passata in giudicato anteriormente all’entrata in vigore della stessa.

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La sentenza n. 30814 della Corte di cassazione, depositata il 2 dicembre 2024, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “[l]’art. 21-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal D.Lgs. n. 87 del 2024, che riconosce efficacia di giudicato nel processo tributario alla sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione, è applicabile, quale ius superveniens, anche ai casi in cui detta sentenza è divenuta irrevocabile prima della operatività di detto articolo e, alla data della sua entrata in vigore, risulta ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli è stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule di merito previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso)”.

Nel caso di specie, il Tribunale penale di Padova aveva emesso nei confronti di un professionista sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto in esito a giudizio dibattimentale. La pronuncia penale era passata in giudicato ed era stata allegata agli atti del giudizio tributario pendente in Cassazione entro i termini di legge.

In dettaglio, originariamente il contribuente aveva impugnato due avvisi di accertamento emessi ai fini II.DD. e IVA per i periodi di imposta 2008 e 2009, con cui venivano ripresi a imposizione i costi di alcune operazioni di bonifica telefonica e ambientale intercorse con una società a responsabilità limitata. Tali costi venivano ripresi a tassazione per ritenuta inesistenza oggettiva delle prestazioni, atteso che la società fornitrice, all’esito di un’attività di verifica condotta dalla Guardia di Finanza, era risultata essere una mera cartiera.

A seguito dei giudizi di merito, esitati in una doppia conforme di contenuto sfavorevole al contribuente (in particolare, la pronuncia di secondo grado – come testualmente rilevato dai Giudici di legittimità – fondava sul principio per cui, stanti taluni elementi indiziari, “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova…”), veniva proposto ricorso per cassazione affidato a ben undici motivi di diritto, corredati da successiva memoria cui veniva allegata sentenza penale irrevocabile di assoluzione, resa a favore del contribuente con formula “il fatto non sussiste” successivamente alla conclusione del giudizio tributario di appello. Il professionista, infatti, per quanto qui di rilievo, era stato assolto dai reati ascrittigli ai sensi degli artt. 81 cpv. c.p. e 2 D.Lgs. n. 74/2000 “poiché al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in qualità di titolare dello studio legale, avvalendosi di fatture emesse per operazioni inesistenti dalla L. Srl indicava elementi passivi fittizi nella dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta 2008 e nella dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta 2009”. Chiaramente, occorre precisare, vi era identità tra i fatti posti alla base degli avvisi di accertamento impugnati e quelli oggetto dell’imputazione penale.

Svolta una rapida disamina della novella legislativa dell’art. 21-bis D.Lgs. n. 74 del 2000[1], la Corte ha dunque effettuato alcune puntualizzazioni di particolare pregio, che di seguito si riassumono:

  1. la norma non si accompagna alla previsione di una sospensione obbligatoria del processo tributario in pendenza di quello penale;
  2. la stessa disposizione impone di riconoscere efficacia vincolante, per il giudice tributario, al giudicato penale assolutorio formatosi a seguito di giudizio dibattimentale, purché l’assoluzione sia avvenuta in base ad una delle due formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso” e purché abbia ad oggetto gli “stessi fatti materiali” oggetto di valutazione nel processo tributario, con la conseguenza che “ciò che interessa non è il valore extrapenale del dispositivo della sentenza, ma il valore extrapenale degli accertamenti di fatto”;
  3. la ratio della riforma, in conformità con quanto previsto dalla legge delega, consiste nel “rafforzare l’integrazione dei sistemi sanzionatori nella prospettiva del rispetto del principio del ne bis in idem”, posto che “il legislatore si propone la razionalizzazione del sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento” al predetto principio;
  4. da ultimo, come già evidenziato dalla precedente ordinanza n. 23570 del 3 settembre 2024, tale ius superveniens, trattandosi di norma avente natura processuale, si applica anche ai casi (come quello per cui è causa) in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 87/2024, “purché, alla data di entrata in vigore del medesimo, sia ancora pendente il giudizio di cassazione contro la sentenza tributaria d’appello che ha condannato il contribuente in relazione ai medesimi fatti, rilevanti penalmente, dai quali egli sia stato irrevocabilmente assolto, in esito a giudizio dibattimentale, con una delle formule di merito previste dal codice di rito penale (perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso)”. In particolare, “in tema di disposizioni processuali, questa Corte ha affermato il principio che in mancanza di una disposizione transitoria (circostanza che ricorre anche nella disciplina in esame) debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 delle preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore ma anche i singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore”.

F.N.  


[1] La norma riconosce in ogni stato e grado del processo tributario efficacia di giudicato alla sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata, con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, “in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario”. La pronuncia penale definitiva emessa in presenza di taoli presupposti assume efficacia vincolante per il giudice tributario. Il secondo comma della disposizione prevede, inoltre, la possibilità di depositare la sentenza penale irrevocabile di assoluzione anche nel giudizio di legittimità fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio.

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