Con la recente ordinanza n. 31890 depositata l’11 dicembre 2024, la Corte di cassazione è tornata ad occuparsi di società di capitali a ristretta base sociale. Al riguardo, ha ribadito il principio secondo cui l’Ufficio può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dall’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, le risultanze dei conti correnti bancari intestati ai soci riferendo alla società le operazioni ivi riscontrate. Ciò in quanto la relazione di parentela tra i soci è idonea a far presumere una sostanziale sovrapposizione tra interessi economici perseguiti dalla società e interessi dei soci. Il caso L’Agenzia delle Entrate, con apposito avviso di accertamento, ha rettificato i redditi della società O. A. S.r.l. relativi all’anno di imposta 2019, intimando il pagamento delle imposte dirette e dell’IVA, oltre sanzioni, per euro 782.764,51. L’accertamento è stato emesso – ex artt. 32 e 39 del d.P.R. n. 600/1973 e 51 del d.P.R. n. 633/1972 – sulla base delle movimentazioni bancarie riconducibili all’amministratore e socio all’1%, a sua volta imprenditore esercente attività di carrozziere e autoriparatore. La società, esercente attività di autonoleggio, ha impugnato l’atto impositivo rilevando nel merito come le movimentazioni bancarie prese in considerazione, in quanto riferite alla posizione personale del socio-amministratore, fossero estranee all’attività svolta e non avessero quindi concorso a formare il reddito conseguito nel periodo. Sempre nel merito, provvedeva alla parziale giustificazione delle movimentazioni bancarie contestate, rilevando come le stesse si riferissero a versamenti di precedenti assegni non andati a buon fine. La CTP adita ha respinto il ricorso confermando la validità dell’avviso di accertamento, con una sentenza confermata in sede di gravame. Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso in cassazione la società affidato a plurimi motivi. Per quanto rileva in questa sede, la ricorrente ha prospettato il vizio della sentenza impugnata per violazione di legge – in particolare degli artt. 32, 37 e 39 del d.P.R. n. 60071973 e 51 e 54 del d.P.R. n. 633/1972 contestando il fatto che l’Amministrazione abbia posto alla base dell’accertamento i versamenti e i prelievi eseguiti sul conto del socio-amministratore, senza neppure indicare né provare sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che quel conto fosse riferibile alla società. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata, non avendo provveduto alla costituzione in giudizio. La decisione La Suprema Corte, con la decisione in commento ha respinto il ricorso, ritenendo perciò legittimo l’avviso di accertamento impugnato. In proposito, ha innanzitutto richiamato il proprio orientamento in base al quale la presunzione stabilita nell’art. 51, comma 2 del d.P.R. n. 633/1972 – secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio finanziario si presumono conseguenza di operazioni imponibili – opera anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di danaro movimentate sui conti intestati ai soci e amministratori[1]. “I conti – spiega la Corte – devono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa in presenza di elementi sintomatici di sostanziale riferibilità alla società di cui l’Amministrazione ha dato conto e il giudice accertato”. In tal caso è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari debbano ascriversi alla società a ristretta base sottoposta a verifica, la quale potrà comunque fornire specifiche e analitiche dimostrazioni di segno contrario. Con particolare riferimento alle società di capitali, la Cassazione ha concluso precisando che l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all’ente ma si estende anche a quelli intestati a soci o amministratori laddove risulti provata la natura fittizia dell’intestazione o la sostanziale riferibilità alla società del conto o di alcuni singoli dati[2]. FDD [1] Cass. n. 12276/2015. [2] Cass. n. 8112/2016.