Con la recente ordinanza n. 25267 del 20 settembre 2024 la Corte di cassazione ha ritenuto come possano rideterminarsi – anche in riduzione – gli importi dovuti a seguito di un avviso di accertamento emesso nei confronti di un socio di società di capitali a ristretta base, sul quale si è formato un giudicato. Ciò in ragione dell’efficacia riflessa del giudicato che riguarda la società. Il caso La sig.ra V.D. ha ricevuto la notifica di un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2005 mediante il quale l’Agenzia delle Entrate ha imputato la percezione di utili extracontabili non dichiarati, per la partecipazione alla società di capitali a ristretta base D. S.r.l. L’accertamento emesso nei confronti del socio è divenuto definitivo per mancata impugnazione della sentenza sfavorevole. Sulla base di tale accertamento definitivo, la contribuente ha ricevuto la cartella di pagamento a seguito dell’iscrizione a ruolo delle corrispondenti somme. L’atto esattoriale è stato impugnato deducendo che, nei confronti della società, l’avviso di accertamento di utili extracontabili era stato parzialmente annullato dalla competente CTP, con la conseguenza che le somme dovute dal socio avrebbero dovuto rideterminarsi in senso favorevole al contribuente. Il giudice di prime cure ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto il contribuente avrebbe potuto impugnare la cartella soltanto per vizi propri. Interposto gravame, la CTR ha accolto l’appello rilevando che la cartella – pur correlata ad una sentenza definitiva e quindi ad un giudicato – si basava su una pretesa rivelatasi non fondata e quindi avrebbe dovuto l’Ufficio accogliere l’istanza di autotutela nelle more depositato dalla sig.ra V.D. Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, retto da due motivi. Secondo l’Ufficio l’iscrizione a ruolo non avrebbe potuto mettersi in discussione in quanto correlata ad una sentenza passata in giudicato per mancata impugnazione, con la conseguenza che il fondamento dell’accertamento non deve rinvenirsi nell’accertamento emesso nei confronti della società quanto nell’accertamento emesso nei confronti del socio, autonomo e indipendente dal primo. Con separato motivo ha rilevato come la cartella di pagamento avrebbe potuto impugnarsi soltanto per vizi propri per cui nessuna influenza avrebbe potuto spiegare l’esito del ricorso relativo all’accertamento nei confronti della società, stante l’autonomia dei due giudizi. La decisione La Suprema Corte con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, disponendo la compensazione delle spese di lite in ragione della tardività del controricorso. Spiega la Cassazione che la giurisprudenza di legittimità sul punto è ferma nel riconoscere l'efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l'Agenzia delle Entrate e la società, con cui è stata accertata la insussistenza di utili extracontabili della medesima, posto che detto accertamento negativo rimuove il presupposto da cui dipende il maggior utile da partecipazione. L’accertamento nei confronti della società costituisce l’antecedente logico-giuridico in tutti i casi di contestazione rivolti alla compagine sociale e relativi ai maggiori redditi derivanti da ricavi non dichiarati o da costi non sostenuti. Pertanto, l’accertamento negativo dell’utile extracontabile della società esclude la presunzione di maggior utile per i soci e comporta la riduzione in pari misura percentuale del maggior reddito da partecipazione accertato. Quando interviene una sentenza del giudice tributario che annulla in tutto o in parte l’atto da cui dipende la pretesa fiscale, l’ente impositore ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale anche, se necessario, rimborsando l’eccedenza versata[1]. Si tratta questa di una pronuncia di particolare interesse, che stabilisce la preminenza della sentenza relativa all’accertamento emesso nei confronti della società rispetto al giudicato formatosi in relazione all’atto che riguarda il socio. Allo stesso modo è stata negata l’autonomia tra l’atto impositivo emesso nei confronti della società e l’atto che riguarda il socio, tra i quali v’è pertanto un rapporto di dipendenza. F.D.D. [1] Cass. SSUU 13 gennaio 2017 n. 758.