Vendita di opere d’arte: tassazione anche con un solo affare

17 Ottobre 2024

La Suprema Corte con la recente pronuncia n. 19363 depositata il 15 luglio 2024 ha confermato il proprio orientamento in tema di cessione di opere d’arte, suddividendo il cedente nella casistica che comprende il mercante d’arte, lo speculatore occasionale e il collezionista d’arte a seconda delle caratteristiche dell’operazione, della tempistica e della tipologia dell’oggetto. Nell’ambito della stessa casistica permane tuttavia un confine labile tra le varie tipologie che rappresenta una vera propria zona grigia caratterizzata da aspetti opinabili e/o sovrapponibili.

Il Caso

L’Agenzia delle Entrate ha accertato nei confronti del defunto sig. O.B. un maggior reddito di euro 5.056.248 per l’anno di imposta 2013, assoggettandolo a tassazione quale reddito diverso ex art. 67 del TUIR. Alla base della contestazione fiscale è stata posta dall’Ufficio un’operazione di cessione di un dipinto di Monet dietro il corrispettivo di euro 6.500.000, opera che il contribuente aveva acquistato sette anni prima al prezzo di euro 1.443.752.

Il contribuente ha impugnato l’atto impositivo rilevando come la cessione del dipinto fosse l’unica operazione conclusa nell’anno di riferimento per la necessità di incrementare la propria collezione privata. La carenza dell’abitualità consentiva la sua qualificazione come collezionista privato sicché la pretesa tassazione avrebbe dovuto considerarsi illegittima. Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso ritenendo che il compimento di un unico affare comportava la carenza del requisito dell’abitualità quindi l’impossibilità di un’attività imprenditoriale o la figura dello speculatore privato.

L’ente impositore ha proposto impugnazione innanzi alla competente CTR contro la suddetta decisione che, in sede di gravame, è stata completamente riformata. Nel merito i Giudici di appello hanno valorizzato ulteriori comportamenti del contribuente, idonei a qualificarlo come speculatore occasionale e non già come collezionista privato. In particolare, hanno rilevato che lo stesso O.B. nel corso del 2013 ha acquistato tre opere d’arte mentre ha permutato quattro opere dell’artista Segantini con una di Gaugin. Secondo la CTR il contribuente negli anni successivi e precedenti il 2013 aveva altresì compravenduto numerose altre opere tramite case d’aste di prestigio mondiale.

In sostanza, secondo la Commissione pur non potendo considerarsi il contribuente un mercante d’arte, lo stesso si è dedicato non solo all’accumulo di opere ma ha svolto nel tempo anche un’attività diretta alla loro valorizzazione allorché ciò fosse apparso conveniente economicamente. Non ha agito quindi soltanto per un gusto estetico o per un fine culturale.

Il sig. O.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo con cui ha contestato la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67 del TUIR in tema di redditi diversi.

Ad avviso della ricorrente, sarebbe del tutto fisiologico che un collezionista privato possa vendere opere d’arte di sua proprietà, sia per il sostenimento dei costi di mantenimento, sia per esigenze di rinnovamento della stessa collezione. Ciò pur avvalendosi di intermediazioni rese da importanti case d’aste, traendo un guadagno in un contesto giuridico caratterizzato dall’assenza di disposizioni che regolino in modo esplicito tali fattispecie.

Ha concluso quindi che il delicato crinale della distinzione tra collezionista e speculatore deve attestarsi sulla possibilità di qualificare un soggetto come speculatore laddove sono ravvisabili esclusivamente intenti speculativi. Inoltre, la distanza di sette anni tra acquisto e vendita è rilevante ai fini della suddetta distinzione, mentre il plusvalore era da ricondursi alla notorietà dell’autore.

La decisione

La Suprema Corte, con la decisione in commento, ha rigettato il ricorso qualificando in parte infondato e in parte inammissibile l’unico motivo proposto, con conseguente condanna alle spese del giudizio.

Spiega la Corte che la CTR non ha disatteso la disciplina dell’art. 67 del TUIR come ricostruita dalla giurisprudenza di legittimità. In particolare, con l’ordinanza n. 6874/2023 la Cassazione ha preso atto dell’assenza di una norma del TUIR sulla tassazione della cessione di opere d’arte tra privati. Quindi ha operato la tripartizione:

  • “Mercante di opere d’arte”, ovvero colui che professionalmente ne esercita il commercio;
  • “Speculatore occasionale”, chi acquista occasionalmente opere d’arte per rivenderle con scopo di lucro;
  • “Collezionista”, ovvero chi acquista per scopi culturali, senza l’intento di generare una plusvalenza.

Per la Cassazione, gli elementi su cui fondare la diversa qualificazione si basano sullo scopo dell’acquisto, sulla frequenza e sul numero delle transazioni, sulla durata del possesso, sulle attività finalizzate a facilitare la vendita e sull’esame delle ragioni che hanno portato alla cessione.

Ebbene, i giudici di appello, ben consci della citata distinzione, hanno correttamente valorizzato gli aspetti che consentono di qualificare l’operazione come compiuta da uno speculatore, ritenendo perciò riconducibile la fattispecie nell’alveo fissato dall’art. 67 del TUIR.

Si tratta tuttavia di una distinzione, tra le varie figure delineate dalla giurisprudenza di legittimità, i cui confini rimangono fumosi e talvolta anche sovrapponibili rendendo del tutto incerta la qualificazione del soggetto cedente e l’intento realizzato con la stessa cessione.

FDD

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