Responsabilità del liquidatore: non necessaria la preventiva iscrizione a ruolo del debito della società cancellata

11 Settembre 2024

Con la Sentenza n. 20014/2024, depositata in data 19 luglio 2024, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui ai fini dell’emissione dell’atto di accertamento di responsabilità a carico del liquidatore ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 602/1973 non è necessaria la preventiva iscrizione a ruolo del debito della società nel frattempo cancellata dal registro delle imprese. Ciò in ragione della natura civilistica e non tributaria della responsabilità del liquidatore.

***

Il caso

La sentenza in commento ha affrontato il tema della responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. 602/1973 in caso di cancellazione di società.

Il giudizio traeva origine da un avviso di accertamento emesso in data successiva alla cancellazione di una società, oggetto precedentemente di verifica fiscale, che veniva notificato al liquidatore della stessa. Nei confronti di quest’ultimo, particolare, veniva contestata la responsabilità prevista dall’art. 36, c.1, del d.P.R. 602/1973, in quanto lo stesso liquidatore non avrebbe dato conto nel bilancio finale di liquidazione del debito erariale scaturente dal PVC (seppur non ancora confluito in un avviso di accertamento).

All’esito del giudizio di prime cure, veniva accolto il ricorso proposto dal liquidatore sulla scorta di un presunto difetto di competenza nell’emissione dell’avviso di accertamento che veniva rilevato d’ufficio dai giudici territoriali.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la detta pronuncia, ad esito del quale la CTR del Veneto con sentenza n. 2030/01/2014 confermava le statuizioni dei primi Giudici, sostenendo l’incompetenza dell’ufficio emittente e la rilevabilità ex officio della stessa. Con la stessa decisione precisava comunque l’insussistenza di una obbligazione certa e definitiva della società alla data di cancellazione, per cui alcuna contestazione poteva essere mossa in merito all’operato del liquidatore.

Avverso tale pronunciamento l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione al fine di vedersi riconoscere la legittimità del proprio operato.

Con i primi due motivi di ricorso l’A.F. denunciava sostanzialmente la legittimità della sentenza per avere ritenuto rilevabile d’ufficio il vizio di incompetenza territoriale nell’emissione dell’avviso di accertamento. Con il terzo motivo di ricorso, l’Ufficio deduceva il vizio della sentenza per violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3 degli artt. 31 c.2 DPR 600/1973 e 36 del DPR 602/1973, in quanto il giudice del gravame avrebbe errato nell’applicare al caso di specie l’art. 31 del d.P.R. n. 600/1973 in tema di competenza quando in vero l’oggetto del contendere riguardava la responsabilità del liquidatore. Vale a dire una responsabilità di tipo civilistico rispetto al debito tributario che costituisce solo un presupposto di natura fattuale.

La decisione

La Suprema Corte ha dapprima analizzato i motivi di ricorso afferenti alla rilevabilità d’ufficio della incompetenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate, precisando che in materia tributaria non risulta applicabile il regime di invalidità degli atti amministrativi di cui agli artt. 21-septies e 21-octies della L. 241/1990, in quanto incompatibile con la specificità degli atti tributari.

Da ciò ha fatto discendere la decisione secondo cui “l’incompetenza territoriale dell’ufficio, in quanto causa di invalidità dell’atto, avrebbe dovuto essere eccepita nei termini previsti dal d.lgs. 546/1992, nel mentre non avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio, e ciò anche secondo quanto desumibile dall’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973, per il quale l’eventuale nullità deve in ogni caso essere eccepita a pena di decadenza nel primo grado di giudizio”.

Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata considerata errata nella parte in cui ha ritenuto di poter rilevare il citato difetto nonostante lo stesso non fosse stato tempestivamente eccepito dal contribuente in sede di ricorso introduttivo.

Parimenti, il Supremo Collegio ha ritenuto fondato il terzo (ed ultimo) motivo di ricorso con il quale si riteneva in ogni caso non applicabile nella specie la disciplina della competenza territoriale dell’ufficio, stante la natura civilistica (e non tributaria) della responsabilità imputata dall’A.F. al liquidatore.

Al riguardo, la Suprema Corte, nel richiamare il recente arresto in materia reso dalle SS.UU. (cfr. Sentenza 32790/2023), ha rammentato come la responsabilità ex art. 36 d.P.R. 602/1973 dei liquidatori sia una responsabilità propria ex lege di natura civilistica e non tributaria, in quanto chiama il liquidatore a rispondere di una specifica condotta se da essa deriva inadempimento dall’obbligo proprio del liquidatore di pagare con le attività di liquidazione le imposte dovute.

A tal proposito, ha evidenziato che “La specifica condotta che fa sorgere la responsabilità si articola in due fattispecie di negligenza tipizzate normativamente. La prima è costituita dal mancato rispetto dell’ordine di graduazione nella destinazione dell’attivo, se da ciò derivi danno all’Erario che non ricevette il dovuto in base al detto ordine e all’attivo disponibile. La seconda è costituita dal fatto che il mancato pagamento delle imposte è causato dall’assegnazione di beni sociali ai soci o agli associati prima di avere soddisfatto il creditore erariale, beni che sono stati così indebitamente sottratti all’attività di liquidazione.”.

Da ciò, la considerazione secondo la quale “Dette condotte, da cui sorge la responsabilità del liquidatore, non hanno natura tributaria perché sono estranee alla realizzazione di fatti indice di capacità contributiva. Essi, invece, riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, che appartengono alla sfera del diritto civile (…)”.

Spiega quindi la Corte: “ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, dunque, il liquidatore della società è responsabile, nei confronti dell’Erario, in proprio, ed in forma autonoma rispetto all’obbligazione tributaria societaria, trattandosi di responsabilità fondata su un diverso titolo: al mancato pagamento delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, violando gli obblighi conseguenti alla carica rivestita, ha utilizzato l’attività di liquidazione per l’assegnazione di beni ai soci opporre per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti”.

Sicché, al diverso titolo e al diverso oggetto di responsabilità posta a carico del liquidatore rispetto a quella della società consegue, secondo la S.C., che “il debito tributario della società costituisce mero presupposto fattuale di tale responsabilità, rispetto alla quale l’iscrizione del credito fiscale, quale condizione necessaria di esperibilità della relativa azione, non appare giustificabile”.

Conclude la Corte formulando il seguente principio di diritto:

In materia di responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, traente titolo per fatto proprio, ex lege, di natura civilistica e non tributaria, la preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario societario non costituisce condizione necessaria per la legittimità dell’atto di accertamento emesso, ai sensi del quinto comma dello stesso art. 36, nei confronti del liquidatore, il quale, in sede di ricorso avverso tale avviso, potrà contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti ivi compresa la debenza di imposte a carico della società”.

In ragione delle argomentazioni sopra rese, la sentenza è stata cassata con rinvio per nuovo giudizio dinanzi alla Corte territoriale di secondo grado, rinviando a tale giudizio anche sulla regolamentazione delle spese del giudizio.

A.C.

File non trovato

2024 - Morri Rossetti

cross