Residenza fiscale a Monte Carlo: rilevano gli affari e gli interessi vitali del contribuente

29 Luglio 2024

La Suprema Corte, con la sentenza n. 19843/2024 depositata il 18 luglio 2024, torna ad occuparsi di residenza fiscale a Monte Carlo di una persona fisica oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Al riguardo, la Cassazione dopo aver precisato che la nuova disciplina di cui all’art. 2 del TUIR si applica soltanto alle fattispecie concrete verificatesi a far data dal 1° gennaio 2024, ha ribadito il principio secondo cui la nozione di domicilio prevista dall’art. 2 del TUIR coincide con il centro degli affari e degli interessi vitali della persona, dando prevalenza al luogo in cui la gestione i detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il collegamento più stretto.

Il caso

Il sig. VC, residente anagraficamente nel Principato di Monaco – che negli anni di controllo era considerato Paese a regime fiscale privilegiato – ha ricevuto la notifica di un avviso di accertamento emesso sulla scorta di un PVC della Guardia di Finanza secondo cui il contribuente sarebbe fiscalmente residente in Italia in quanto avrebbe sempre mantenuto nel territorio nazionale il centro dei propri interessi vitali.

L’impugnato avviso di accertamento è stato annullato, all’esito del giudizio di primo grado, dalla CTP di Roma. Il successivo appello proposto dall’Agenzia delle Entrate è stato accolto dalla CTR del Lazio.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi del defunto contribuente, affidato a due motivi. Ha resistito l’Agenzia senza elaborare difese, in vista dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Con il primo motivo, per quel che rileva in questa sede, ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del TUIR, avendo errato il giudice d’appello nel sostenere che il contribuente abbia mantenuto in Italia il centro dei propri interessi.

La decisione

La Corte di cassazione con la decisione in commento ha dichiarato inammissibile il ricorso con conseguente condanna dei ricorrenti alle spese di lite.

La materia del contendere riguarda la residenza nello stato delle persone fisiche, rilevante al fine di individuare i soggetti passivi IRPEF, come disciplinata dall’art. 2 del TUIR. Trattandosi nella specie di una residenza del contribuente asseritamente riferita al Principato di Monaco, ovvero un Paese a fiscalità privilegiata, ai sensi dell’art. 2, comma 2 -bis, la persistente residenza del contribuente nel territorio nazionale era oggetto di presunzione legale relativa, avendo quest’ultimo l’onere di provare l’insussistenza di alcuno dei criteri di collegamento dettati dal comma 2, art. 2 del TUIR, ovvero che avesse il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.

Con riferimento al quadro normativo, la Corte ha fissato il principio secondo cui ai fini dell’accertamento della residenza delle persone fisiche nel territorio dello Stato, la determinazione della residenza e del domicilio secondo i criteri dell’art. 2, comma 2 del TUIR, così come novellato dal D. Lgs. 209/2023 si applica alle fattispecie verificatesi a far data dal 1° gennaio 2024.

Ciò premesso, la Corte ha inteso dare continuità all’orientamento ormai consolidato secondo cui ai fini dell’individuazione della residenza fiscale o meno in Italia del contribuente, per l’accertamento del domicilio deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando la prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo un ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento[1].

Il domicilio deve, non solo, essere il luogo di gestione dei propri interessi, riconoscibile ai terzi, ma rileva anche che tale riconoscibilità deve essere agganciata ad indici tali da individuare il Italia gli interessi in Italia del contribuente di carattere economico e patrimoniale.

Questa attenzione alla riconoscibilità del domicilio del contribuente, spiega la Corte, non è distonica rispetto all’evoluzione normativa in tema di centro degli interessi principali dei debitori, precisato in modo particolare con riferimento alla materia dell’insolvenza.

FDD


[1] Cass. n. 14434/2010; n. 21689/2010; n. 24246/2011; n. 5382/2012; n. 6501/2015; n. 32992/2018; n. 5642/2020; n. 11620/2021; n. 18702/2021.

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