Emendabili in giudizio gli errori, di fatto e di diritto, commessi nella dichiarazione

31 Maggio 2024

Con l’ordinanza n. 13408, depositata in data 15 maggio 2024, la Cassazione ha riaffermato il principio secondo cui il contribuente può opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa avanzata dall’Amministrazione finanziaria allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella dichiarazione dei redditi, non applicandosi in tali ipotesi il termine decadenziale previsto dall’art. 2 del d.P.R. n. 322/98.

Il caso

La società contribuente decideva di procedere alla riliquidazione interna delle annualità 2008, 2009 e 2010 mediante presentazione, nell’anno 2012, della dichiarazione integrativa relativa all’anno 2011, al fine di fruire della detassazione prevista dalla c.d. «Tremonti ambientale» (art. 6, c. da 13 a 19, L. 23 dicembre 2000 n. 388) in relazione ad alcuni investimenti effettuati nell’anno 2008. Ciò perché soltanto nell’anno 2012 veniva chiarita, con il d.m. 5 luglio 2012, la possibilità per i contribuenti di cumulare la suddetta agevolazione con quella consistente nella tariffa agevolata prevista dal c.d. «conto energia» (art. 25, c. 10, d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28).                                            

Tuttavia, all’esito del controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36-bis d.P.R. n. 600/73 veniva riscontrata l’irregolarità della dichiarazione integrativa così presentata, recante appunto la riliquidazione dei vari anni di imposta a seguito della variazione in diminuzione operata dalla società in forza della citata «Tremonti ambientale», sicché l’Agenzia delle Entrate emetteva la cartella di pagamento per il recupero dell’Ires relativa all’anno 2011.

La pronuncia della CGT 2°, sfavorevole alla società, veniva impugnata con ricorso per cassazione deducendo, per ciò che qui rileva, l’erroneità della decisione per aver qualificato come “diritto potestativo” la scelta di beneficiare della detassazione in parola, in quanto tale esercitabile dal contribuente solo su opzione con la dichiarazione integrativa da presentare entro il termine decadenziale fissato dall’art. 2, c. 8-bis, del d.P.R. n. 322/98, nella specie ampiamente decorso al momento della presentazione dell’integrativa per l’anno 2011 (riferendosi a investimenti effettuati nell’anno 2008).

La pronuncia

La Corte di Cassazione ha accolto il suesposto motivo di ricorso richiamando l’attenzione sul fatto che la giurisprudenza della medesima Corte ha ripetutamente affermato la generale emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede contenziosa. In altre parole, deve considerarsi un principio pacifico quello secondo cui ogni dichiarazione del contribuente affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, possa essere emendata e ritrattata anche in giudizio, per resistere alla pretesa del Fisco di assoggettarlo ad oneri contributivi, diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.

Di seguito il percorso argomentativo seguito nell’ordinanza.

La norma di riferimento è l’art. 2 del d.P.R. n. 322/98, il cui comma 8 prevede che le dichiarazioni annuali possano essere integrate per correggere errori ed omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice, ed il cui comma 8-bis ratione temporis consentiva di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che avessero determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da depositare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

La citata normativa è stata pacificamente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che, in tema di imposte dirette, il principio di generale emendabilità della dichiarazione opererebbe soltanto con riferimento alla dichiarazione intesa come “mera dichiarazione di scienza”.

Diversamente, nel caso in cui la dichiarazione rivesta carattere “negoziale” il suddetto principio non potrebbe applicarsi, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore in cui è incorso, ai sensi degli artt. 1427 ss. c.c. (Cass. SU 30 giugno 2016 n. 13378). La dichiarazione, in particolare, assume il valore di un atto negoziale quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’Erario, cosicché tale opzione diviene irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’Amministrazione finanziaria (Cass. 30 settembre 2015 n. 19410).

Ciò premesso, in linea generale le denunce dei redditi costituiscono di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, laddove affette da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge sono comunque emendabili, anche in sede contenziosa, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, c. 8-bis, del d.P.R. n. 322/98 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/97, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica.

Di conseguenza, a prescindere dal termine decadenziale previsto dall’art. 2 citato, il contribuente potrà sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione, azionata anche all’esito di controllo automatizzato, allegando in giudizio errori di fatto o di diritto commessi nella redazione della dichiarazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria.

In particolare, nell’ordinanza in commento, la Cassazione ha ritenuto che la Società avesse diritto a fruire della detassazione prevista dalla c.d. «Tremonti ambientale», in quanto l’intempestiva fruizione del beneficio in parola non era dipeso da una scelta discrezionale della stessa, ma dall’incertezza interpretativa in ordine alla possibilità di cumulare tale agevolazione con quella consistente nella tariffa agevolata prevista dal c.d. «conto energia». La possibilità di utilizzare entrambi i benefici è stata chiarita solo dal d.m. 5 luglio 2012, cui ha fatto seguito la pubblicazione della risoluzione del 20 luglio 2016 n. 58/E da parte dell’Agenzia delle entrate, nella quale è stata confermata la possibilità di beneficiare “ora per allora” dell’agevolazione in parola mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, c. 8-bis, del d.P.R. n. 322/98.

Peraltro, tale risoluzione va coordinata con la Circolare n. 31/E del 2013 dell’Agenzia delle Entrate, ove è stato chiarito che se il contribuente non è nei termini previsti dal citato comma 8-bis dell’art. 2, ma è comunque nei termini dell’accertamento ai sensi dell’art. 43 d.P.R. n. 600/73, deve procedere alla riliquidazione interna, i cui effetti farà confluire in una dichiarazione integrativa dell’anno ancora utilmente emendabile.

Nel caso di specie la Società ha correttamente proceduto secondo quanto previsto dalla normativa di riferimento, con conseguente accoglimento del ricorso per cassazione proposto.

S.L.

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