Tassato il bonifico bancario tra parenti

26 Marzo 2024

La Corte di cassazione con la sentenza n. 7442 depositata il 20 marzo 2024 ha ritenuto fiscalmente rilevante – con riferimento all’imposta sulle donazioni – il bonifico bancario tra zio e nipote nella specie avvenuto estero su estero, ciò anche se allo stesso è seguito un atto di rifiuto della stessa liberalità. Al riguardo, ha fissato il principio secondo cui in tema di imposta sulle donazioni, l’art. 56-bis del D. Lgs. va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall’art. 760 c.c., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta – pur essendo esenti dall’obbligo della registrazione – in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento dei tributi, se sono superiori alle franchigie oggi esistenti.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha riqualificato in termini di liberalità indiretta un’operazione di trasferimento mediante ordinativo bancario del 20 maggio 2014 da parte dello zio paterno in favore della nipote di attività finanziarie (denaro e titoli) detenute su un conto corrente acceso presso una filiale svizzera, con accredito su un altro conto corrente acceso presso la medesima filiale. La nipote, in data 22 luglio 2014, ha dichiarato con atto notarile di rifiutare tale liberalità per lasciarne l’oggetto nella piena ed esclusiva disponibilità dello zio paterno.

A seguito di impugnazione da parte della contribuente, la competente CTP di Bergamo ha rigettato il ricorso, con una decisione che è stata confermata in sede di gravame.

La ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a plurimi motivi. Per quanto rileva ai fini del presente commento, con il primo motivo ha denunciato la violazione di legge della sentenza impugnata per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la liberalità avente ad oggetto strumenti finanziari fosse valida anche in difetto di stipulazione in forma pubblica, là dove, essendo affetta da nullità, non poteva costituire il presupposto di un’obbligazione tributaria.

La decisione

La Suprema Corte con la sentenza in commento ha respinto il ricorso della contribuente con conseguente condanna alla refusione delle spese giudiziali.

La motivazione resa dal Supremo Consesso parte dalla decisione resa dalla stessa Corte a Sezioni Unite 27 luglio 2017 n. 18725 con cui ha statuito che in tema di atti di liberalità, il trasferimento, attraverso un ordine di bancogiro del disponente, di strumenti finanziari dal conto di deposito del beneficiante al conto del beneficiario non rientra tra le donazioni indirette (art. 809 c.c.), ma configura una donazione tipica (art. 769 c.c.) ad esecuzione indiretta, soggetta alla forma dell’atto pubblico, salvo che sia di modico valore, perché realizzata mediante un’intermediazione gestoria dell’ente creditizio. Nella stessa pronuncia si spiega come l’operazione bancaria sia alla base di un accordo tra donante e donatario rimanendo l’istituto un soggetto estero che realizza il passaggio immediato di valori, escludendosi la configurabilità di contratto in favore del terzo.

Di diverso avviso è la Sezione Tributaria della Cassazione, la quale ha ritenuto che la donazione di denaro depositato, al momento della liberalità, assuma una diversa connotazione ai fini fiscali. In particolare, la Cassazione[1] ha precisato che l’ordine di bonifico ha natura di negozio giuridico unilaterale, la cui efficacia vincolante scaturisce da una dichiarazione della banca con cui si obbliga ad eseguire i futuri incarichi conferiti dal cliente. L’incarico assume quindi la natura di delegazione di pagamento.

Attraverso una delegazione di pagamento si realizza il fine di liberalità producendo l’effetto di una attribuzione gratuita. Sono presenti, infatti, il dato soggettivo rappresentato dall’intenzione del donante, condivisa dal donatario, di provocare un incremento del patrimonio del beneficiario con depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, mediante l’ordine bancario, e il dato oggettivo rappresentato dall’effettivo trasferimento di ricchezza sul conto riferibile al contribuente[2].

Nel caso di specie sussiste pertanto il dato soggettivo rappresentato dall’intenzione del donante (lo zio paterno), condivisa dalla donataria, di provocare un incremento del patrimonio del soggetto beneficiario, con contestuale depauperamento del patrimonio del soggetto disponente, attuato mediante bonifico bancario, e il dato oggettivo rappresentato dall’effettivo trasferimento di ricchezza.

Con riferimento all’art. 56-bis del D. Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, la Suprema Corte ha precisato come nel novero delle liberalità diverse dalle donazioni rientrino anche le liberalità che non si traducono in contratti scritti per i quali non è imposta la formalità della registrazione, per cui l’inosservanza della forma pubblica e la relativa sanzione della nullità se rilevano sul piano civilistico, a tutela del donante, nessuna conseguenza producono sul piano tributario in ragione del principio generale affermato dall’art. 53 Cost.

Nel caso delle donazioni indirette risultati da atti soggetti a registrazione, ai contribuenti è offerta un’opportunità di sottoposizione a tassazione delle stesse donazioni con riguardo all’evenienza che donante e donatario si trovino a dover riferire uno spostamento patrimoniale a titolo gratuito, non assoggettato a tassazione, nel contesto di un procedimento finalizzato all’accertamento di tributi la cui maggiore entità solleciti il contribuente a confessare la donazione. In tal modo, viene scontato un minore carico fiscale piuttosto che subire un maggior esborso che deriverebbe dalla mancata confessione della donazione.

La Cassazione ha così fissato il seguente principio di diritto: “in tema di imposta sulle donazioni, l’art. 56-bis del D. Lgs. va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione tipizzato dall’art. 760 c.c., e che costituiscono manifestazione di capacità contributiva, sono accertate e sottoposte ad imposta – pur essendo esenti dall’obbligo della registrazione – in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento dei tributi, se sono superiori alle franchigie oggi esistenti”.

Dalla stessa decisione, aspetto questo che presenta alcune criticità, nessuna rilevanza è stata attribuita alla successiva dichiarazione di rifiuto della donazione da parte della beneficiaria, con conseguente restituzione delle somme nella disponibilità del donante.

F.D.D.


[1] Cass. 12 gennaio 2022 n. 735.

[2] Cass. 17 marzo 2021 n. 7428 e Cass. 30 marzo 2021 n. 8720.

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