La Suprema Corte con la recente ordinanza n. 4969 depositata il 26 febbraio 2024 ha confermato l’orientamento della Cassazione in ordine alla prescrizione dei crediti erariali corrispondenti alle sanzioni non accertati in sede giurisdizionale, come previsto dall’art. 20 del D. Lgs n. 472/1997. Il termine di prescrizione cambia per il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie, previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato. In tali casi, infatti, il diritto si prescrive entro il termine di dieci anni per diretta applicazione degli art. 2953 c.c. Quanto agli interessi, il relativo credito, integrando un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale, rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948 c.c. Il caso Il sig. M.O. ha impugnato un’intimazione di pagamento cui erano sottese n. 25 cartelle di pagamento emesse a seguito di un’iscrizione a ruolo di sanzioni ed interessi sostenendo l’intervenuta prescrizione del corrispondente credito azionato dall’Ente impositore. Il ricorso è stato accolto parzialmente dalla CTP di Roma, che ha ritenuto valevole la prescrizione decennale in luogo di quella quinquennale, con la conseguenza che poteva ritenersi maturata la prescrizione soltanto per una parte delle cartelle richiamate dall’intimazione di pagamento. La decisione è stata impugnata dal ricorrente innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che ne ha respinto l’appello, confermando la decisione resa nel corso del primo grado di giudizio. Avverso la suddetta decisione il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo per violazione di legge. In particolare, il ricorrente ha sostenuto la violazione dell’art. 20, comma 3 del D. Lgs. n. 472/1997 e dell’art. 2948 c.c. nonché la violazione dell’art. 112 cpc, per la mancata pronuncia da parte della CTR adita sull’eccezione di prescrizione quinquennale di sanzioni ed interessi portati dalle cartelle. Al riguardo, i Giudici di appello – sulla base di quanto prospettato dal ricorrente – si sarebbero limitati genericamente ad affermare che le pretese impositive relative a determinate cartelle non fossero prescritte in quanto il termine di prescrizione applicabile sarebbe decennale. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione. La decisione La Corte di cassazione con la sentenza in commento ha accolto il ricorso, cassando per l’effetto la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione. Al proposito, la Suprema Corte ha ritenuto fondate le doglianze del contribuente posto che la CTR ha genericamente ritenuto come la prescrizione nella specie fosse decennale, senza valutare che la domanda dell’appellante fosse limitata alle sanzioni ed interessi in merito alle quali non è stata fornita risposta dal Collegio. Con l’occasione la Cassazione ha richiamato l’orientamento consolidato in tema di prescrizione delle sanzioni e degli interessi, precisando che l’art. 20, comma 3 del D. Lgs. n. 472/1997 stabilisce espressamente che “il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni”, mentre l’art. 2948 c.c. prevede che si prescrivono in cinque anni “(…) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. Diversamente, ha sostenuto la Corte, il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato “si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio iudicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile, vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art. 20 del D. Lgs 472/1997”[1]. In materia di interessi per ritardo d’esazione del tributo, il relativo credito integrando un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale e suscettibile di autonome vicende, è sottoposto al termine quinquennale di prescrizione ai sensi dell’art. 2948, comma 1 n. 4 c.c.[2]. A conforto del citato orientamento, è stata richiamata altresì la sentenza della Cassazione a SSUU n. 23397 del 2016, secondo cui le sanzioni – come alcuni tributi non erariali – hanno prescrizione quinquennale e possono al più beneficiare dell’effetto dell’actio iudicati a termini dell’art. 2953 c.c. F.D.D. [1] Cass. SS.UU. n. 25790 del 2009; Cass. n. 7486 del 2022; Cass. n. 5837 del 2011; Cass. n. 5577 del 2019 e Cass. n. 10549 del 2019. [2] Cass. n. 30901 del 2019; Cass. n. 14049 del 2006; Cass. n. 12740 del 2020; Cass. n. 7486 del 2022 e Cass. n. 31430 del 2022.