Il d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219 apporta sostanziali modifiche allo Statuto del Contribuente (l. 212/2000). Rispetto allo schema di decreto divulgato il 23 ottobre scorso (che già aveva previsto un obbligo pressochè generalizzato di contraddittorio preventivo) è stato stabilito che l’Ufficio deve motivare l’atto impositivo con riferimento alle osservazioni poste dal contribuente, specificando i motivi del mancato accoglimento. A partire dal 18 gennaio 2024 entreranno definitivamente in vigore le modifiche allo Statuto del Contribuente di cui al d.lgs. 219/2023, il cui contenuto ricalca in buona parte quello dello schema di decreto approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 23 ottobre 2023. Non mancano tuttavia le novità. Una delle più importanti innovazioni apportate dal provvedimento riguarda il contraddittorio preventivo, la cui disciplina sarà integralmente trasfusa nel nuovo art. 6-bis dello Statuto. L’obbligo dell’Ufficio a provvedervi, con le modalità di seguito esposte, riguarderà “tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria”. La locuzione rinvia, evidentemente, all’elenco contenuto nell’art. 19, comma 1, del d.lgs. 546/1992 (anch’esso oggetto di riforma per effetto del d.lgs. 220/2023 ai fini di adeguamento con la nuova disciplina dell’autotutela tributaria). V’è tuttavia una limitazione: dal perimetro di applicazione del nuovo contraddittorio endoprocedimentale dovranno essere esclusi alcuni atti dell’Amministrazione finanziaria con funzione prevalentemente liquidatoria[1] che saranno specificamente individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché quegli atti emessi per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione. La fase di contraddittorio endoprocedimentale prenderà avvio con l’invio, da parte dell’Ufficio, di uno schema dell’atto impositivo, che verosimilmente costituirà una sorta di “anteprima” dell’atto accertativo vero e proprio che verrà poi emesso ad esito alla procedura amministrativa, senza tuttavia ancora la presenza delle osservazioni del contribuente. Dalla ricezione dello schema di atto, infatti, il Contribuente avrà a disposizione un termine di 60 giorni per presentare proprie controdeduzioni ed osservazioni ovvero per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo senza che possa essere formalizzato alcun atto di natura accertativa prima del decorso del termine medesimo. Per consentire di godere a pieno delle tutele difensive sopra descritte, viene prevista una proroga del termine di decadenza per la notifica dell’atto impositivo nel caso in cui lo stesso spirasse prima del decorso di un lasso di 120 giorni dal termine fissato per la produzione di osservazioni assegnato al contribuente per l’esercizio del diritto al contraddittorio. Facendo un esempio pratico, nel caso di un contribuente persona fisica che riceva lo schema d’atto per l’avvio del contraddittorio il 30 settembre per l’accertamento di un’annualità in scadenza il 31 dicembre del medesimo anno, considerato che tra il termine per la presentazione delle osservazioni (29 novembre) e lo spirare del termine decadenziale sopra riferito (31 dicembre) intercorre un periodo inferiore a 120 giorni, l’Agenzia avrà facoltà di notificare il proprio atto, senza con ciò incorrere in decadenza, entro il 30 marzo dell’anno successivo (29 marzo nel caso di anno bisestile), dovendosi considerare 120 successivi alla data di scadenza del termine per il contraddittorio. Medesima tutela viene concessa nel caso in cui il termine di 60 giorni a favore del contribuente risultasse successivo a quello di decadenza per l’emissione dell’atto. Anche nella versione definitiva del decreto, risultano assenti dei presidi utili ad evitare un utilizzo strumentale di tale previsione da parte degli enti impositori per non incorrere in una delle decadenze previste ad esempio all’art. 43 del d.P.R. 600/1973 o all’art. 57 del d.P.R. 633/1972. Come anticipato, la più sensibile novità del d.lgs. rispetto alla bozza approvata in C.d.M. si rinviene nel comma 4 dell’art. 6-bis, che recita: “l’atto adottato all’esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l’Amministrazione ritiene di non accogliere”. Infatti, lo schema di decreto del 23 ottobre scorso aveva da subito sollevato numerose critiche stante la contestuale abrogazione dell’art. 12, c. 7, dello Statuto (che imponeva agli uffici di valutare le osservazioni presentate dal contribuente in seguito alla notifica del PVC), da cui sarebbe discesa, secondo i primi commentatori, un vulnus nelle tutele per il contribuente rispetto all’assetto previgente. Benchè la norma appena citata avesse acquisito un impatto precettivo limitato nella prassi (complice una discutibile giurisprudenza di legittimità[2]), essa aveva infatti indotto gli uffici a riportare nei propri atti, seppur per estratto, le osservazioni rese dal contribuente nelle fasi precedenti all’emissione dell’atto medesimo e quindi, anche sommariamente, a fornirvi replica. Una prassi, questa, che ha trovato ancor più diffusione in seguito all’entrata in vigore dell’art. 5-ter del d.lgs. 218/1997[3], che invece prevede un vero e proprio obbligo di motivazione rafforzata in relazione alle osservazioni fornite dal contribuente in sede di accertamento con adesione. Il comma 4 del nuovo art. 6-bis rappresenta, quindi, una norma di importanza fondamentale per l’intero procedimento accertativo tributario: da una parte, in quanto estende alla generalità degli accertamenti le tutele apprestate dalla più innovativa disciplina sul contraddittorio endoprocedimentale (fino ad oggi limitate all’ambito applicativo del citato art. 5-ter); dall’altra perché, a differenza della previgente versione dello Statuto, l’inosservanza di tale disposizione (e, soprattutto, l’inadempimento dell’obbligo di motivazione rafforzata) risulta censurabile in sede giurisdizionale come motivo di annullabilità dell’atto[4]. Infatti, sebbene tale conclusione non trovi esplicitazione nel dettato normativo appena esaminato, a ciò sembrerebbe potersi giungere in ragione del disposto del successivo art. 7-bis dello Statuto (anch’esso norma di nuova introduzione) nel quale viene prevista l’annullabilità degli atti dell’Amministrazione finanziaria “per violazione di legge, ivi incluse le norme (…) sulla partecipazione del contribuente”. A.P. [1] L’art. 6-bis individua come tali “gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni”. [2] Cfr. Cass. civ., sez. V, 23 dicembre 2021, n. 41444 ove si afferma che: “in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l'avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali tale sanzione sia espressamente prevista dalla legge, oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall'altro lato, l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell'atto impositivo (ex multis Cass., Sez. V, 1° dicembre 2020, n. 27401; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1778; Cass., Sez. VI, 31 marzo 2017, n. 8378; Cass., Sez. V, 20 aprile 2016, n. 7897; Cass., Sez. V, 24 febbraio 2016, n. 3583), così procedendo l’amministrazione a un loro implicito recepimento (Cass., Sez. V. 3 agosto 2016 n. 16155)”. [3] Testimone di tale processo è la Circolare n. 17/E/2020, in tema di obbligo di invito al contraddittorio, ove si afferma che, sebbene l’art. 5-ter del d.lgs. 218/1997 non sia applicabile nei casi di rilascio del PVC (in quanto in tali casi “il contribuente già beneficia della specifica garanzia prevista dall’articolo 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212”), “si osserva che, seppur non obbligatorio per legge, è sempre opportuno che l’ufficio attivi il contraddittorio anche nei casi di attività accertativa correlata agli esiti di un processo verbale di «chiusura delle operazioni», al fine di addivenire quanto più possibile alla corretta individuazione della pretesa tributaria”. [4] Sì da superare gli esiti dell’orientamento giurisprudenziale fatto proprio dalla citata Cass. 41444/2021.