Il Consiglio dei ministri ha approvato, nella seduta del 23 ottobre 2023, la bozza di decreto legislativo per la riforma della Legge 212/2000 (Statuto del Contribuente). Tra le molte novità apportate spicca la riforma degli interpelli, le cui istanze presuppongono ora l’esperimento del nuovo istituto della “consultazione semplificata” nonché il versamento di un contributo in denaro. Con la bozza di decreto legislativo dello scorso 23 ottobre, il Governo sembra aver dato seguito a quanto contenuto nell’art. 4 della legge delega per la riforma fiscale (Legge 9 agosto 2023, n. 111), che attribuiva all’Esecutivo poteri delegati in ordine alla razionalizzazione della disciplina sugli interpelli. La modifica involge, in realtà, la generalità di tutti i mezzi di supporto e di consulenza riferibili al rapporto tra Agenzia delle entrate e contribuenti: il nuovo articolo 10-sexies dello Statuto dovrebbe infatti operare una tipizzazione di tali strumenti, tra mezzi già conosciuti (le circolari interpretative ed applicative, la consulenza giuridica e, appunto, gli interpelli) e di nuova introduzione. La consultazione semplificata Rappresenta infatti una novità assoluta il nuovo istituto della “consultazione semplificata”. La sua introduzione appare palesemente connessa all’obiettivo di ridurre il ricorso agli interpelli, attraverso la messa a disposizione di una banca dati nella quale dovrebbero confluire le risposte rese dall’Agenzia ad ogni ipotesi di consulenza già fornita. A tale istituto è dedicato l’art. 10-nonies della bozza di decreto, che ne circoscrive l’utilizzo alle persone fisiche (anche non residenti) e ai contribuenti di minori dimensioni (specificamente individuati nelle società di persone e negli altri soggetti assimilati di cui all’art. 5 TUIR). Il servizio, usufruibile gratuitamente, è rimesso alla presentazione di un’apposita istanza contenente un quesito di natura interpretativa o applicativa riferito ad uno specifico comparto di norme applicabili in relazione alla fattispecie sottoposta dal contribuente. A differenza dell’istanza di interpello non dovrebbero richiedersi: (i) l’esposizione di una soluzione da parte del contribuente (su cui si formi assenso in caso di silenzio dell’Amministrazione); (ii) i requisiti di concretezza e personalità della fattispecie per la cui risoluzione si chiede la consulenza; (iii)la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza sull’interpretazione della normativa di interesse. Sottoposta l’istanza con i servizi telematici, la banca dati dovrebbe individuare una soluzione univoca alla questione prospettata. Il contribuente che vi si adegui può giovarsi delle tutele apprestate dall’art. 10, c. 2, dello Statuto concernenti il legittimo affidamento: conseguentemente, in caso di contestazione, non rischierà l’irrogazione di sanzioni o la liquidazione di interessi in relazione alle imposte evase/eluse. Ove il sistema non individui una soluzione univoca, esso informerà (o meglio, abiliterà) il contribuente circa la proponibilità dell’istanza di interpello (a tal fine rileva quanto prescritto dal c. 4 dell’art. 10-nonies, per cui l’esperimento della consulenza semplificata “è condizione di ammissibilità ai fini della presentazione di istanze di interpello”). Gli interpelli La riforma prevede una completa riscrittura dell’art. 11 dello Statuto, in materia di interpelli. Vengono ora tipizzate, al comma 1, tutte le ipotesi di interpello esperibili nell’ordinamento (con l’eccezione dell’interpello nuovi investimenti ex art. 2, d.lgs. 147/2015) ed in particolare: L’oggetto delle istanze di interpello di cui alle lett. a) – d) rimane inalterato rispetto alla previgente disciplina. Varia, invece, la disciplina dell’interpello probatorio, il cui esperimento viene ora circoscritto ad una platea specifica di contribuenti: coloro che aderiscono alla cooperative compliance (anch’essa oggetto di prossima riforma) nonché i contribuenti abilitati alla proposizione dell’interpello nuovi investimenti. Viene previsto per ogni istanza di interpello (compreso l’interpello disapplicativo), quale termine per la risposta, quello di 90 giorni dalla proposizione dell’istanza e viene istituita per tale termine la sospensione feriale dal 1° al 31 agosto nonché la sospensione a causa di richiesta di “parere preventivo ad altra amministrazione”: in tali casi, la sospensione non durerà più di 60 giorni, giacchè in difetto di parere entro tale termine, l’Ufficio sarà comunque tenuto a rendere una risposta. Rimane fermo il termine entro cui rispondere alle richieste di documentazione integrativa (un anno, come da disciplina previgente ex art. 4 d.lgs. 156/2015). La vera novità degli istituti riguarda, tuttavia, la condizione di proponibilità rappresentata dal versamento di un contributo, alla cui commisurazione concorreranno fattori quali la tipologia di contribuente, il suo volume d’affari o ricavi e la complessità della questione sottoposta. La più specifica tariffazione sarà rimessa ad un decreto del MEF. Si fa infine apprezzare, nell’ottica della razionalizzazione degli istituti processuali della nullità e annullabilità degli atti dell’amministrazione (che costituisce linea guida della riforma dello Statuto, come può rilevarsi anche dai nuovi articoli 7-ter e 7-quater), la previsione di nullità degli atti impositivi emessi dall’Ufficio in difformità alla risposta ad interpello precedentemente resa. Resta ferma la non impugnabilità della risposta ad interpello e l’ininfluenza dell’istanza sulle scadenze e sui termini di decadenza tributari. A.P.