La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7638 depositata il 28.03.2018, ha ritenuto legittima la notifica di un avviso di liquidazione nei confronti del commercialista di un contribuente, con atto ritirato dalla dipendente dello studio professionale dichiaratasi abilitata al ritiro. Al riguardo, la Cassazione, richiamando un precedente del 2003, ha precisato che ai fini della corretta notificazione ex art. 139 c.p.c. rileva che si tratti di rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione, e tanto basta. Il caso Il sig. G. T. ha impugnato la cartella di pagamento emessa a seguito dell’iscrizione a ruolo dell’imposta di registro, interessi e sanzioni conseguenti all’emissione di un avviso di liquidazione. L’imposta era relativa ad un accordo sottoscritto tra il contribuente, il Foggia Calcio ed altra persona. Ad avviso del contribuente, la cartella era stata emessa senza la preventiva notifica dell’avviso di liquidazione. Ciò in quanto l’atto risultava notificato non al suo domicilio fiscale a Foggia “al piano V di piazza Cesare Battisti n. 27” né nel suo ufficio in via De Troia n. 2 bensì al piano XI di piazza Cesare Battisti n. 27, a mani della collaboratrice dello studio commerciale della dott.ssa A. B. In sostanza, l’avviso è stato notificato a mani della dipendente della commercialista del contribuente, e dunque nelle mani di una persona non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l’intimato. La CTP adita ha respinto il ricorso del contribuente con una decisione che è stata interamente riformata in appello. Secondo il Giudice d’appello, è rilevante la mancata elisione delle parole “abitazione, ufficio, azienda” da parte del messo notificatore e che la consegna sia avvenuta in favore di M.C., qualificatasi “collaboratrice autorizzata al ritiro” ma che invece risulta essere la “dipendente dello studio commerciale della dott. A.B. sito al piano XI di piazza Cesare Battisti n. 27”. L’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., per l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Sostiene l’Amministrazione finanziaria che anche se, ad avviso della CTR, la relata non specificherebbe il luogo in cui la notifica sarebbe avvenuta, risulta comunque apposta una crocetta accanto alla parola abitazione e che a Foggia, in piazza Cesare Battisti 27 il contribuente ha stabilito il suo domicilio fiscale. Di conseguenza, la notificazione sarebbe comunque avvenuta presso il comune di residenza in favore di una persona addetta in assenza del destinatario. La decisione La Suprema Corte con la decisione in commento ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e, decidendo nel merito, ha rigettato l’originario ricorso proposto dal contribuente, con conseguente condanna alle spese. Secondo la Cassazione non è contestata nella specie la residenza del contribuente e la coincidenza tra la residenza anagrafica e il domicilio fiscale. Ebbene, spiega la Corte, le due condizioni di notifica ex art. 139 c.p.c. sono nella specie l’esatta identificazione del luogo e la presenza in esso di un soggetto legato al destinatario da uno specifico rapporto, circostanza questa da cui può presumersi che sollecitamente l’atto verrà dal consegnatario portato a conoscenza del destinatario. La mancata elisione da parte del messo della sequenza prestampata “abitazione, ufficio, azienda”, trattandosi di mera irregolarità non preclude una valutazione necessariamente complessiva del contenuto della relata di notifica e in questo senso assume rilievo la circostanza che il messo notificatore abbia consegnato il plico a M.C. che si è dichiarata “collaboratrice autorizzata al ritiro”, che la stessa si trovava nello stabile di piazza Cesare Battisti n. 27 e che ha posto la propria sottoscrizione per ricevuta quindi risultano completati tutti gli adempimenti del procedimento notificatorio previsto dalla legge. In assenza del destinatario – spiega la Corte – copia dell’atto da notificare può essere consegnata a persona di famiglia o addetta alla casa o all’ufficio o all’azienda, purché non sia infraquattordicienne o palesemente incapace, basta che la presenza del consegnatario non sia meramente occasionale o temporanea, e la non occasionalità si presume dalla accettazione senza riserve dell’atto[1] e dalle dichiarazioni ricevute dall’ufficiale giudiziario[2]. Di talché incombe sul contribuente che contesti la validità della notificazione l’onere di fornire la prova contraria ed in particolare l’inesistenza di alcun rapporto con il destinatario ovvero la occasionalità della presenza dello stesso consegnatario. Per tale forma di notificazione, infine, non è invece necessaria l’ulteriore adempimento dell’avviso al destinatario a mezzo lettera raccomandata, previsto in caso di consegna al portiere o al vicino di casa. Quel che rileva, ai fini qui considerati “è che si tratti di rapporti sostanziali, anche di natura provvisoria o precaria, tra consegnatario e destinatario dell’atto, che facciano ragionevolmente presumere che il secondo soggetto venga reso edotto dal primo dell’eseguita notificazione, e tanto basta[3]”. La decisione della Suprema Corte lascia qualche perplessità con riferimento alla tipologia di rapporti sostanziali in base ai quali il contribuente/destinatario possa essere reso edotto dell’avvenuta notificazione. In caso di rapporto professionale, la notifica di un atto nei confronti di un consulente può infatti generare problematiche legate, tra l’altro, alla sussistenza di un effettivo obbligo del professionista di informativa nei confronti del proprio cliente anche se non ha ricevuto nessun incarico a tal proposito. Si tratta poi di una presunzione, quella richiamata dalla Corte, che attiene soltanto al “rendere edotto” il contribuente destinatario dell’atto e non all’effettiva notifica dell’atto impositivo, rilevante solo quest’ultima al fine di un pieno esercizio del diritto di difesa. Diritto di difesa del contribuente che verrebbe compresso anche in ragione del momento a partire dal quale potrà essere esercitato. Tale momento decorre infatti da un termine non precisato: da quando il consulente ha ricevuto la notifica dell’atto, oppure da quando il contribuente è stato informato dal consulente, oppure da quando ha ricevuto materialmente la copia dell’atto. F.D.D. [1] Cass. n. 187/2000. [2] Cass. n. 12181/2013 e n. 26501/2014. [3] Cass. n. 16164/2003.