La III Sezione Penale della Suprema Corte, con la Sentenza 13 settembre 2023 n. 37312, si è pronunciata sul noto principio del c.d. “doppio binario” ovvero del doppio procedimento penale e tributario che può conseguire ad una violazione tributaria. Al riguardo, richiamando la giurisprudenza della CEDU, ha ribadito il principio secondo cui a seguito di una violazione tributaria avente anche rilevanza penale non è escluso a priori lo svolgimento parallelo di due procedimenti – penale e amministrativo – purché essi appaiano connessi dal punto di vista sostanziale e cronologico in maniera sufficientemente stretta, e purché esistano meccanismi in grado di assicurare risposte sanzionatorie nel loro complesso proporzionale e comunque prevedibili. Il caso La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Piacenza con la quale il sig. M.F. è stato condannato alla pena di otto anni di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 5 e 10 del D. Lgs 74/2000 per gli anni di imposta dal 2007 al 2011. Avverso la decisione di appello il contribuente propone ricorso per cassazione con plurime motivazioni. Per quanto rileva ai fini del presente commento, il sig. M.F. ha dedotto la violazione di legge in relazione all’art. 649 c.p.p., ovvero del divieto del “ne bis in idem” come interpretato dalla Corte EDU, violazione degli artt. 4 Protocollo 7 CEDU e art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e il vizio di motivazione apparente. In particolare, secondo il ricorrente la Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione dell’art. 649 c.p.p. emettendo una pronuncia con una motivazione di fatto apodittica con riguardo al profilo della connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta tra il procedimento amministrativo e penale, avendo il giudice d’appello escluso tale connessione. Il ricorrente, in proposito, ha ritenuto comunque sussistente tale connessione nonostante fosse decorso un triennio tra l’irrogazione della sanzione amministrativa definitiva (2014) e l’avvio del procedimento penale (2017). Quanto alla connessione sostanziale tra i due procedimenti, il ricorrente ha rilevato come la Corte territoriale avesse erroneamente attribuito rilevanza alla circostanza del mancato pagamento della sanzione amministrativa da parte del contribuente, introducendo un requisito – quello del pagamento – che invece esula dall’applicazione del divieto del ne bis in idem, rilevando unicamente la definitività della sanzione irrogata alla stessa persona fisica per il medesimo fatto. La decisione La Suprema Corte con la decisione in commento ha ritenuto di accogliere il ricorso del contribuente, cassando la sentenza impugnata e disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. La Cassazione al riguardo ha richiamato la giurisprudenza della Corte EDU che ha esteso la garanzia convenzionale anche nei casi di sanzione irrogata avanti ad Autorità diverse ed aventi natura sostanzialmente penale secondo i criteri Engel, riconoscendo quindi la garanzia convenzionale nei casi di una sanzione amministrativa per lo “stesso fatto”, avente natura sostanzialmente penale, in presenza di doppio binario sanzionatorio in materia tributaria. In particolare, con la Sentenza A. e B. c. Norvegia del 15 novembre 2016 la Corte EDU ha affermato che “non viola il ne bis in idem convenzionale la celebrazione di un processo penale, e l’irrogazione della relativa sanzione, nei confronti di chi sia stato già sanzionato in via definitiva dall’amministrazione tributaria con una sovrattassa (nella specie pari al 30% dell’imposta evasa), purché sussista tra i due procedimenti una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”. In questo senso, uno Stato può apprestare un sistema di risposte a condotte socialmente offensive (come l’evasione fiscale) che si articoli – in una cornice di approccio unitaria e coerente - attraverso procedimenti distinti, purché le plurime risposte sanzionatorie non comportino un sacrificio eccessivo per l’interessato, con il conseguente onere della Corte di verificare se la strategia adottata da ogni singolo Stato comporti una violazione del divieto di ne bis in idem, oppure possa considerarsi il prodotto di un sistema integrato al punto da affrontare i diversi aspetti dell’illecito in maniera prevedibile e proporzionata. In sostanza – spiega la Suprema Corte – la Corte EDU non esclude lo svolgimento parallelo di due procedimenti – penale e amministrativo – purché essi appaiano connessi dal punto di vista sostanziale e cronologico in maniera sufficientemente stretta, e purché esistano meccanismi in grado di assicurare risposte sanzionatorie nel loro complesso proporzionale e comunque prevedibili, verificando gli scopi delle diverse sanzioni e dei profili della condotta considerati, la prevedibilità della duplicità delle sanzioni e dei procedimenti nonché correttivi adottati per assicurare la proporzionalità complessiva della pena. Ad avviso della Cassazione, nel caso di specie è mancata – da parte dei giudici territoriali – una corretta verifica dei presupposti per l’applicazione del ne bis in idem, come sopra delineato, e in particolare, è mancata la verifica della sussistenza della connessione stretta temporale e sostanziale. Ai fini della connessione temporale il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi ermeneutici dal giudice di legittimità secondo cui la connessione dev’essere riferita al momento di avvio dei procedimenti e di svolgimento e non ai tempi di definizione. F.D.D.