La Suprema Corte, con la recente ordinanza n. 13620 depositata il 17 maggio 2023 è tornata ad occuparsi della motivazione contraddittoria dell’avviso di accertamento. Al riguardo, ha ribadito il principio secondo cui l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa. Tale vizio, inoltre, si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretesa impositiva. Il caso La società CASA GIRELLI Spa ha ricevuto plurimi avvisi di accertamento per gli anni 2005 e seguenti con i quali è stata contestata la contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non inerenti e non obiettivamente determinabili. Alla base della contestazione mossa dall’Amministrazione finanziaria sono stati posti i seguenti fatti: Secondo l’Ufficio tali costi sarebbero ricollegati a fatture soggettivamente inesistenti in quanto relativi a prestazioni rese non dalla controllante ma dai suoi dipendenti, i quali non avevano beneficiato di alcun trasferimento di somme in denaro per l’attività resa. L’Ufficio ha rilevato altresì la mancanza di una delibera ai sensi dell’art. 2389 c.c. al fine di determinare i compensi stabiliti per gli amministratori, i quali in ogni caso apparivano sproporzionati rispetto alla prestazione effettivamente remunerata. La società ha impugnato gli atti impositivi innanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale la quale, riuniti i ricorsi, li ha accolti parzialmente, rideterminando l’ammontare complessivo dei compensi deducibili nella misura di Euro 400.000. Tra i motivi di ricorso proposti, è stata sollevata anche la questione circa la contraddittorietà della motivazione degli atti impugnati, motivo che tuttavia non è stato accolto del giudice adito. Entrambe le parti hanno impugnato la decisione di primo grado e, all’esito del relativo procedimento, il Giudice del gravame ha respinto l’appello del contribuente, accogliendo invece l’impugnazione dell’Ufficio. Con riferimento alla questione relativa alla contraddittorietà della motivazione, ad avviso della CTR, il fatto che le ragioni erariali fossero sorrette da plurime ragioni anche apparentemente contraddittorie fra loro, non comportava la nullità degli atti impositivi. E ciò sia perché nessuna norma di legge fa discendere la nullità degli atti ammnistrativi da una motivazione contraddittoria, sia perché nel caso di specie si sarebbe verificata – più che una motivazione contraddittoria – una “scarsa rigorosità motivazionale”. Sul merito il Giudice d’appello ha rilevato che: ritenendo perciò sussistenti i requisiti di gravità, precisione e concordanza idonei a ritenere legittimo l’operato dell’Ufficio. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi di ricorso. Con il primo motivo, per quanto rileva ai fini del presente commento, la società ha censurato la sentenza di appello per violazione degli artt. 7 della Legge n. 212/2000, 42 del DPR n. 600/1973 e 3 della Legge n. 241/1990 avendo escluso la nullità degli atti impositivi per contraddittorietà della motivazione. L’amministrazione finanziaria non si è costituita nel giudizio di legittimità. La decisione La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso in relazione al primo motivo, ritenendo assorbiti i restanti, disponendo altresì il rinvio del procedimento alla Corte di Giustizia tributaria di II grado di Trento. In particolare, la Corte di cassazione ha ritenuto non condivisibili le due argomentazioni poste a sostegno della decisione di secondo grado, ovvero l’assenza di una norma specifica che sancisca la nullità dell'atto impugnato in caso di motivazione contraddittoria e la sussistenza nella specie di una sentenza con “scarsa rigorosità motivazionale”. Al riguardo, la Cassazione ha precisato che “la motivazione dell’atto impositivo, al pari di quella di ogni provvedimento amministrativo, è funzionale alla salvaguardia delle garanzie di ragionevolezza, imparzialità e proporzionalità che devono connotare l’azione dell’amministrazione, da ricondurre, a loro volta, alle esigenze di razionalità e non arbitrarietà del potere discrezionale, riconosciute dalla Costituzione, art. 97, comma 2”. Per altro verso, la motivazione è rilevante anche al fine di comprendere il percorso decisionale dell’autorità amministrativa al fine di valutare una possibile impugnazione. La motivazione è quindi un elemento essenziale al fine di sindacare la legittimità della pretesa impositiva azionata, di conseguenza in caso di pluralità di motivazioni utilizzate dall’Amministrazione finanziaria, occorre rispettare il vincolo funzionale al quale è destinato l’obbligo di motivazione. La Corte ha quindi richiamato i principii secondo cui: “l’avviso di accertamento non può essere supportato da motivazione contraddittoria, poiché in tal caso esso non consente al contribuente di avere certezza degli elementi fondanti le ragioni della pretesa” e “tale vizio si configura anche laddove vengano indicate ragioni concorrenti ma contraddistinte da assoluta eterogeneità e, come tali, inidonee a fungere da complessivo presupposto della pretesa”. Sempre secondo la Suprema Corte, “l’avviso di accertamento è affetto da nullità laddove sia fondato su motivi d’imposizione distinti ed inconciliabili, in quanto, rispondendo la motivazione alla duplice esigenza di rispettare i principi di informazione e collaborazione, già fissati dall’art. 3 della Legge n. 241/1990 e, specificamente in materia fiscale, dall’art. 10 Legge n. 212/2000, e di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, non è legittimo l’intento dell’Amministrazione di formulare una motivazione contraddittoria con funzione di “riserva”, sia perché la pretesa impositiva per essere conforme a legge può basarsi su elementi concorrenti, ma non su presupposti fattuali contrastanti, sia perché l’alternatività delle ragioni giustificatrici della pretesa, lasciando l’Amministrazione arbitra di scegliere nel corso della procedura contenziosa, quella che più le convenga secondo le circostanze, espone la controparte ad un esercizio difensivo difficile o talora impossibile[1]”. Con riferimento al caso di specie i Giudici di appello, ad avviso della Cassazione, avrebbero dovuto accertare se le plurime ragioni utilizzate dall’Amministrazione finanziaria avessero reso incerta la comprensione della pretesa impositiva, con particolare riguardo alla possibilità per la contribuente di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. F.D.D. [1] Cass. n. 6104/2020 e Cass. n. 25197/2009.