La Cassazione, con sentenza n. 13332/2023, ha definito una vicenda nella quale l’istanza di rimborso delle maggiori IRES ed IRAP versate era stata avanzata oltre il termine di decadenza previsto dall’art. 38 del d.P.R. 602/1973, ma successivamente alla pronuncia con la quale il giudice tributario, legittimando una ripresa ai fini IVA azionata dall’Ufficio, aveva accertato che l’errore materiale del contribuente aveva condotto alla dichiarazione di maggiori ricavi e quindi al versamento di imposte dirette non dovute. Secondo la Corte la domanda è comunque tardiva per violazione del termine fissato dall’art. 38 del d.P.R. 602/1973. Il caso La vicenda trae origine dalla notifica di due avvisi di accertamento, per gli anni d’imposta 2005 e 2006, con i quali veniva recuperata maggiore IVA sui corrispettivi stante l’erroneità della procedura di scorporo dell’imposta attuata dalla società contribuente. La legittimità degli accertamenti veniva confermata, in ultima istanza, dalla CTR Umbria con sentenza passata in giudicato nell’anno 2012. In considerazione degli esiti del descritto contenzioso, che avevano fattualmente accertato la dichiarazione di ricavi fittiziamente maggiorati, la contribuente aveva quindi presentato domanda di rimborso parziale dell’IRES e dell’IRAP versate per gli anni 2005 e 2006 (imposte che erano state liquidate sulla base dei predetti maggiori ricavi). A fronte del diniego espresso dell’Ufficio, la società proponeva impugnazione, ottenendo un verdetto favorevole dinanzi alla CTP competente. Tuttavia, a fronte dell’appello della parte erariale, la CTR pronunciava sentenza sfavorevole alla contribuente, basata essenzialmente sull’applicazione generale ed indefettibile del termine di decadenza di cui all’art. 38 del d.P.R. 602/1973, stabilito in 48 mesi dalla data dell’indebito versamento, che la contribuente aveva ampiamente superato. La pronuncia La contribuente ricorreva per cassazione contro la sentenza della CTR, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 602/1973, artt. 19 e 21 del d.lgs. 546/1992, art. 2033 c.c. e art. 163 TUIR. Per ciò che qui rileva, la ricorrente denunciava l’errore in cui era incorsa la CTR nell’aver fatto decorrere il dies a quo per l’istanza di rimborso dal versamento delle imposte e non già dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato l’errore materiale, giacché era in quella data che si era verificato il presupposto per la restituzione, come vuole l’art. 21, c. 2, del d.lgs. 546/92. Inoltre, censurava la sentenza per aver erroneamente ricondotto la fattispecie all’art. 163 TUIR (comportante il divieto di doppia imposizione ed escludendone la violazione nel caso di specie perché trattavasi di un’ipotesi di imponibile dichiarato e sottoposto a tassazione superiore al reale). Secondo la contribuente, infine, la fattispecie doveva inquadrarsi negli schemi civilistici dell’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. La Corte, con la decisione in commento, ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni. Innanzitutto – precisa la Cassazione – l’art. 38 del d.P.R. 602/73 ha portata generale e si riferisce a qualsiasi ipotesi di indebito correlato ai tributi, quale che sia la ragione della non debenza come l’errore sul quantum del tributo, l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale o la sopravvenuta abrogazione della norma impositiva con efficacia retroattiva. Al contrario, ricorre l’ipotesi dell’indebito oggettivo di diritto comune ex art. 2033 c.c. quando sussista “carenza di potere impositivo”, che ricorre nei soli casi in cui la pretesa dell’amministrazione sia manifestamente insuscettibile di ricollegarsi ad un rapporto di natura tributaria, sia perché la legge non prevede il tributo in generale, sia perché le norme che istituiscono il tributo sono state dichiarate incostituzionali. Con riguardo all’ipotesi di disapplicazione della norma tributaria perché contraria all’ordinamento comunitario, la Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 13676/2014 ha stabilito, invece, che in tali fattispecie non ricorra l’ipotesi della “carenza di potere impositivo” né quindi quella dell’indebito oggettivo: conseguentemente, il dies a quo per l’istanza di rimborso deve decorrere dalla data di versamento, anziché da quella nel quale è stata emessa la sentenza della Corte di Giustizia che ha dichiarato in contrasto con il diritto dell’Unione Europea la norma impositiva. Sotto il profilo del rapporto tra l’art. 38 del d.P.R. 602/73 e l’art. 21, c. 2, del d.lgs. 546/92, quest’ultima è una norma residuale e di chiusura del sistema, che circoscrive la sua applicazione, innanzitutto, ai casi di “mancanza di disposizioni specifiche” con riguardo al tributo considerato; per quanto concerne l’inciso “dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione” (che “sposta in avanti” il dies a quo dell’istanza rispetto alla data di versamento), il consolidato orientamento di legittimità ha pur sempre ricondotto tale ipotesi all’evenienza di una fonte normativa che stabilisca il diritto alla restituzione prescindendo dalla data del versamento. E’ ad esempio il caso in cui una legge sopravvenuta introduce, con effetto retroattivo, un beneficio fiscale prima non previsto; oppure è il caso del riconoscimento di un’agevolazione fiscale al termine di un procedimento amministrativo ad hoc per accertare la sussistenza dei requisiti all’agevolazione (in tal caso l’istanza di rimborso, da proporre ex art. 21 entro due anni dal provvedimento amministrativo, avrà ad oggetto la differenza tra le imposte pagate e il quantum dell’agevolazione). Al contrario, l’emanazione di circolari o risoluzioni ministeriali interpretative delle norme tributarie in senso favorevole al contribuente non costituisce presupposto idoneo a posticipare il dies a quo per l’istanza di restituzione rispetto alla data di versamento. In via eccezionale, la Corte (Cass. 6331/2008), in un’ipotesi di deduzione di un costo in un esercizio diverso da quello di competenza, ha riconosciuto la proponibilità dell’istanza di rimborso, nei limiti ordinari della prescrizione ex art. 2935 c.c., a far data dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva legittimato il recupero dei costi nell’annualità di imputazione errata. Tuttavia, in tal caso, è stata ritenuta dirimente la potenziale violazione dell’art. 163 TUIR, poiché in difetto dell’istanza di rimborso si sarebbe registrato un fenomeno di doppia imposizione. Nondimeno, i giudici di legittimità nel caso di specie non hanno ritenuto che potesse sussistere l’evenienza appena descritta. Infatti, nella fattispecie di interesse non ricorreva una duplicazione di imposta ma una “inesistenza (parziale) dell’obbligazione tributaria”, come tale rientrante nell’alveo dell’ordinaria disciplina descritta dall’art. 38 del d.P.R. 602/73. Conseguentemente, il diritto al rimborso delle maggiori IRES ed IRAP, versate per effetto dell’errore sul computo dei ricavi, non era sorto a far data dalla sentenza che lo aveva riconosciuto: la contribuente, infatti, indipendentemente dall’accertamento e dal successivo procedimento giudiziario, avrebbe potuto autonomamente rilevare tale errore e presentare istanza di rimborso entro i termini di cui all’art. 38, senza preclusione alcuna. A.P.