La sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 10730, depositata il 14 marzo 2023, ha riaffermato il principio secondo cui in tema di reati tributari l’accordo tra il contribuente e l’Amministrazione per la rateizzazione del debito non è sufficiente affinché operi la causa di non punibilità prevista dall’art. 13, d.lgs. n. 74/2000, richiedendo tale disposizione l’integrale estinzione del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento. Lo scenario, tuttavia, è destinato a cambiare radicalmente, atteso che il legislatore delegato – dopo le “timide” modifiche apportate con il d.l. n. 34/2023 (c.d. decreto “Bollette”) – si appresta a varare una importante opera di riforma del sistema tributario, che muterà anche il rapporto tra gli istituti deflativi tributari e il processo penale. Il caso Il contribuente ricorreva avverso la decisione del Giudice penale di merito che, in entrambi i gradi di giudizio, l’aveva riconosciuto colpevole del reato di omesso versamento Iva, ai sensi dell’art. 10-ter del d.lgs. n. 74/2000. Il Giudice, con le stesse pronunce, aveva disatteso la richiesta difensiva di applicazione della speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del medesimo decreto, che prevede la non punibilità per alcune fattispecie di illeciti fiscali se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso. Il contribuente, in particolare, faceva rilevare di avere in corso un piano concordato di pagamento rateizzato con l’Erario (c.d. “Rottamazione”) in forza del quale egli era tenuto al pagamento dei debiti iscritti a ruolo, al netto di sanzioni ed interessi di mora, di aver regolarmente adempiuto il pagamento delle rate previste e di avere, altresì, accantonato tutta la liquidità necessaria al pagamento del debito residuo. Osservava inoltre di essersi trovato nell’impossibilità di estinguere l’intero debito prima dell’apertura del dibattimento, perché ciò avrebbe comportato la violazione della par condicio creditorum, essendo stato sottoposto, nel frattempo, alla procedura di fallimento e non potendo, quindi, procedere al pagamento integrale di una parte del ceto creditorio. La Cassazione, con la sentenza n. 10730 del 14 marzo 2023, confermava la decisione di merito impugnata e condannato l’imputato a quattro mesi di reclusione, affermando che l’effetto novativo dell’obbligazione prodotta dalla conclusione di accordi l’Amministrazione finanziaria o dall’adesione a strumenti deflativi opera esclusivamente sul piano fiscale, senza estendersi al diverso piano penale, per il quale è necessario che il debito, anche al netto di sanzioni ed interessi, sia interamente pagato prima dell’apertura del dibattimento. La pronuncia La Suprema Corte chiarisce, in primo luogo, che le speciali procedure conciliative introdotte negli ultimi anni dal legislatore tributario (v. i d.l. n. 119/2018, n. 148/2017 e n. 193/2016) sono comprese tra quelle indicate dall’art. 13, d.lgs. n. 74/2000, quand’anche per effetto delle stesse non siano dovuti sanzioni ed interessi, stante la chiara finalità deflativa cui tenderebbe la norma di “incentivare la riscossione delle entrate tributarie”, ed il generico riferimento alle “speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”, tra cui vanno annoverate anche le c.d. “rottamazioni”. In ogni caso, prosegue il Collegio, dal tenore letterale dell’art. 13 cit. emerge altrettanto limpidamente come, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità ivi prevista, occorra l’integrale pagamento del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, non bastando a ciò il solo accordo intervenuto tra contribuente e Ufficio. La stessa disposizione prevede, al terzo comma, che qualora il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, all’imputato venga concesso un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, prorogabile una sola volta per non oltre tre mesi. Conclusivamente, per le ragioni esposte, la sentenza impugnata è immune da vizi avendo correttamente rilevato che la mancata integrale estinzione del debito nel termine sopra previsto osta all’accoglimento della richiesta di non punibilità avanzata dalla difesa, con l’ulteriore precisazione che l’intervenuto fallimento della società amministrata dall’imputato dopo l’accesso alla definizione agevolata, non è circostanza dirimente per giungere ad una diversa conclusione. La sentenza in commento, seppure conforme alla normativa vigente e ai precedenti della medesima Corte sul tema, è portatrice di un orientamento non più condiviso dal legislatore tributario, il quale – con il d.d.l. delega per la riforma fiscale – si propone di riscrivere completamente l’attuale sistema tributario varato negli anni 70, tra l’altro adeguando “i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale” (art. 18, co. 1, lett. a) n. 2, d.d.l. delega), non essendo convincente la tesi secondo cui all’imputato sia preclusa la non punibilità, pur essendo in regola con i pagamenti previsti dalla legislazione tributaria, solo perché detti versamenti hanno scadenza successiva all’apertura del dibattimento di primo grado. Si tratterebbe di un intervento strutturale da salutarsi con favore in quanto avrebbe l’effetto di raccordare in modo permanente i tempi di pagamento richiesti nell’ambito penale ai termini previsti dalle misure latu sensu conciliative adottate, volta per volta, dal legislatore tributario. Un primo accenno di tale tendenza normativa si è già ottenuto con l’art. 23, d.l. n. 34/2023 (c.d. decreto “Bollette”), che ha esteso – solo per i delitti di omesso versamento Iva, di ritenute e di indebita compensazione di crediti non spettanti – il termine per il pagamento di una delle definizioni introdotte dalla l. 197/2022, da cui consegue l’effetto della non punibilità, facendolo coincidere con il momento “prima della pronuncia della sentenza di appello”, in luogo del più breve termine dell’apertura del dibattimento. S.L.