Con l’Ordinanza n. 5586/2023 la Corte di cassazione ha affermato il principio secondo cui in caso di accertamento basato su indagini bancarie ex art. 32 del DPR n. 600/1973 devono essere riconosciuti i costi in deduzione dei maggiori ricavi accertati. Ciò rilevando come sarebbe irragionevole riconoscere la deduzione dei costi soltanto in caso di accertamento c.d. “induttivo puro”, perché verrebbe avvantaggiato colui che non ha tenuto correttamente le scritture contabili e che pertanto sono considerate inattendibili dall’Amministrazione finanziaria. Il caso L’Amministrazione finanziaria ha avviato una verifica fiscale nei confronti di MD, titolare di una ditta individuale esercente l’attività di commercio all’ingrosso di calzature e accessori, conclusosi con l’emissione di un Processo Verbale di Constatazione. Le riprese dei verificatori vertevano sulla ricostruzione di maggiori redditi a fronte di un’indagine bancaria ai sensi dell’art. 32 del DPR n. 600/1973 per gli anni di imposta 2007 e 2008. Al PVC ha fatto seguito l’emissione di due avvisi di accertamento, impugnati dal contribuente innanzi alla competente Commissione Tributaria Provinciale di Savona. La CTP adita accoglieva parzialmente il ricorso con decisione confermata in sede di gravame. La CTR respingeva l’appello di MD con cui si insisteva, tra l’altro, sulla necessità di riconoscere la deduzione di costi precisando che a tal fine non rilevava la circostanza che il contribuente fosse titolare di una ditta in contabilità semplificata, potendosi riconoscere una incidenza percentuale di costi soltanto a fronte di idonea documentazione. Avverso la decisione del Giudice d’appello, MD ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi. Per quanto rileva ai fini del presente commento, ha impugnato la sentenza della CTR per violazione e falsa applicazione dell’art. 83 e 109 del TUIR (quarto motivo) per non avere la CTR ritenuto che, in caso di accertamento basato su indagini bancarie, devono riconoscersi i costi in deduzione dei maggiori ricavi accertati, sulla base di un principio immanente al sistema tributario correlato alla necessità di ricostruire l’effettiva capacità contributiva del contribuente. La decisione La Cassazione con la decisione in commento ha accolto il terzo e quarto motivo di ricorso, cassando per l’effetto la sentenza impugnata e rinviando il procedimento alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione. Al riguardo, la Suprema corte ha richiamato il proprio orientamento secondo cui “In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo <puro> ex art. 39, comma 2 del DPR n. 600/1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario[1]”. Tale principio – spiega la Corte – deve essere rivisto alla luce della recente pronuncia della Corte Costituzionale 31 gennaio 2023 n. 10, secondo cui è ammissibile un’interpretazione adeguatrice dell’art. 32 del DPR n. 600/1973. Infatti, secondo il Giudice delle leggi, riconoscere la deduzione di costi soltanto nell’accertamento induttivo c.d. “puro” comporterebbe un trattamento più severo, quanto al regime della possibile prova contraria rispetto alla presunzione legale in esame, in danno del contribuente che ha tenuto una contabilità complessivamente attendibile. In altri termini, il contribuente che è stato meno diligente e che ha omesso qualsiasi contabilità ovvero ne ha tenuto una complessivamente inattendibile, si troverebbe in una posizione di ingiusto vantaggio, rispetto al diverso caso caratterizzato dalla tenuta di una contabilità regolare e attendibile, posto che in tale ultimo caso graverebbe sul contribuente anche l’onere di fornire la prova circa la deducibilità di costi. Di conseguenza, deve ritenersi che a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati in quanto occulti, scaturenti da movimenti bancari, il contribuente imprenditore può sempre – anche in caso di accertamento analitico-induttivo – eccepire l’incidenza percentuale di costi che vanno dunque detratti dai maggiori ricavi accertati. Il riconoscimento di costi deve essere livellato in misura percentuale in ragione dei maggiori ricavi accertati anche nel caso di utilizzo del metodo analitico o “misto”. F.D.D. [1] Cfr Cass. n. 34996 del 2022.