In sede di accertamento induttivo l’Amministrazione finanziaria deve tenere conto delle componenti negative di reddito

16 Dicembre 2022

Con l’Ordinanza n. 35504 depositata il 2 dicembre 2022 la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla questione relativa alla corretta ricostruzione della situazione patrimoniale e reddituale del contribuente in caso di accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria. A tal proposito, ha ribadito il proprio orientamento ormai consolidato secondo cui in sede di accertamento induttivo l’Ufficio deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative di reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti. Diversamente si assoggetterebbe ad imposta non già il reddito del contribuente ma i soli profitti lordi conseguiti, in violazione del parametro costituzionale della capacità contributiva.

Il caso

L’Amministrazione finanziaria, dopo una verifica nei confronti dell’ASD FBC FINALE ha emesso un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2011 con cui ne disconosceva la natura di Associazione Sportiva dilettantistica, accertando per l’effetto maggiori imposte dirette e IVA oltre a sanzioni e interessi.

FBC FINALE ha perciò impugnato l’atto impositivo contestando le riprese e le motivazioni dell’Ufficio con ricorso innanzi alla CTP competente. La commissione tuttavia respingeva le doglianze del ricorrente, tra cui quella relativa alla necessità di riconoscere i costi in favore della ricorrente avendo utilizzato l’Ufficio il metodo di accertamento analitico-induttivo. Costi che nel caso di specie erano stati documentati dalla contribuente.

L’ASD ha quindi proposto appello innanzi alla competente CTR che ha confermato la sentenza di primo grado, attestando la natura di impresa commerciale e negando il riconoscimento dei costi provati dall’appellante.

L’ASD ha impugnato la decisione di appello innanzi alla Corte di Cassazione con ricorso affidato a tre motivi. Per quanto rileva ai fini del presente commento, la ricorrente ha censurato la decisione della CTR per aver erroneamente affermato la non deducibilità dei costi, in quanto non risultanti dalla contabilità che nel caso concreto non era stata tenuta, sostenendo parte ricorrente di essere una ASD e come tale non obbligata alla tenuta della contabilità d’impresa pur avendo dimostrato l’esistenza degli stessi costi.

Con separato motivo la ricorrente ha sostenuto altresì la natura apparente della motivazione resa dalla CTR, la quale non avrebbe correttamente motivato in ordine al mancato riscontro dei costi nella contabilità in esame.

La decisione

La Suprema Corte con l’Ordinanza n. 35504/2022 ha accolto il ricorso proposto dall’ASD FINALE con rinvio ad altra sezione della CGT di II grado della Liguria in diversa composizione.

In particolare, i Supremi Giudici hanno rilevato come la CTR non abbia in alcun modo spiegato le ragioni per cui non sia stato possibile riconoscere l’esistenza e l’inerenza dei costi, dalla documentazione in atti, una volta qualificata l’ASD come impresa commerciale.

In ogni caso la Suprema Corte ha ribadito i principi fissati in più occasioni in caso di utilizzo del metodo di accertamento induttivo, precisando che: “l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non sia possibile accertare i costi, questi possono essere determinati induttivamente, perché diversamente si assoggetterebbe ad imposta, come reddito d’impresa, il profitto lordo, anziché quello netto, in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’art. 53, primo comma, Cost.[1].

Ciò tenendo conto del fatto che nel caso di specie i costi sono stati invero documentati dalla ricorrente.

La Cassazione precisa infine che se nell’accertamento induttivo “puro” ex art. 39, comma 2 del DPR n. 600/1973 è l’Amministrazione finanziaria tenuta a riconoscere in deduzione i costi di produzione in misura percentuale forfettaria, nel caso dell’accertamento analitico e nel caso dell’accertamento analitico-induttivo è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori compensi o ricavi, senza che l’Ufficio possa o debba procedere al loro riconoscimento forfettario.

La decisione in commento è in linea con l’orientamento consolidato della Suprema Corte sia con riferimento al riconoscimento dei costi in caso di utilizzo del metodo di accertamento induttivo, sia – più in generale – con riferimento alla regola generale di riparto dell’onere probatorio in capo al contribuente. Onere che, dalle recenti pronunce della Cassazione, non sembra subire alcuna modifica nonostante la novità legislativa rappresentata dall’introduzione del comma 5-bis dell’art. 7 del D. Lgs n. 546/1992.

F.D.D.


[1] Cfr. Cass. n. 3995 del 19/2/2009; Cass. n. 23314 del 15/10/2013; Cass. n. 1506 del 20/1/2017; Cass. n. 26748 del 23/10/2018, Cass. n. 1864 del 18/1/2020.

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