La preclusione all’allegazione di documenti non prodotti in sede di accessi e verifiche opera solo a fronte di rifiuto intenzionale del contribuente

19 Settembre 2022

Con l’ordinanza del 6 settembre 2022, n. 26245, la Corte di Cassazione ha ribadito il proprio orientamento per cui la mancata produzione di documentazione in sede di accesso ex art. 33 d.P.R. 600/73 impedisce, in sede contenziosa, che tali atti siano presi in considerazione a favore del contribuente solo quando la mancata produzione sia frutto di un rifiuto intenzionale. Tale ipotesi si distingue dall’analoga preclusione di cui all’art. 32 del medesimo d.P.R. (riferita alla mancata produzione di documenti in seguito a questionario) perché in quel caso non rileva l’intenzionalità del rifiuto, ma il mero dato oggettivo dell’omessa presentazione a fronte di specifica richiesta dell’Ufficio.

Il caso

La vicenda risolta dalla Cassazione origina dall’inoltro di un invito a consegnare documentazione ai sensi dell’art. 32 d.P.R. 600/73 di cui era stata destinataria la società contribuente. Come ammesso dalla stessa Agenzia delle Entrate in sede contenziosa, l’invito in questione era privo di specificità: in altri termini, non recava specifica individuazione degli atti da consegnare ma si riferiva in generale alla documentazione contabile relativa all’anno di imposta oggetto di verifica.

Dopo due gradi di giudizio di merito contro l’avviso di accertamento, notificato alla società dopo le verifiche, la CTR competente aveva annullato i rilievi ai fini IVA confermando invece le contestazioni in materia reddituale. Contro questa sentenza faceva ricorso in cassazione l’Agenzia delle Entrate con un unico motivo, con cui si faceva valere l’errore in cui era incorso il giudice d’appello che aveva preso in considerazione a favore del contribuente documentazione non prodotta in sede di questionario.

La pronuncia

Investita della questione, la Corte di cassazione ha preliminarmente svolto alcune importanti considerazioni circa la natura della preclusione invocata dall’Ufficio. In particolare, richiamando una giurisprudenza consolidata (Cass. nn. 27069/2016, 7011/2018 e 16757/2021) i giudici di legittimità hanno delineato importanti distinzioni tra le analoghe preclusioni operanti in sede contenziosa disciplinate dagli artt. 32 e 33 del dpr 600/73. Viene infatti affermato che “occorre distinguere l'ipotesi in cui l'amministrazione finanziaria richieda al contribuente documenti mediante questionario, ai sensi dell'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 (…) da quella avanzata nel corso di attività di accesso, ispezione o verifica ex art. 33 (…) poiché - ferma restando la necessità, in ogni ipotesi, che l'amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata dall'espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza - nel primo caso, il mancato invio nei termini concessi della suindicata documentazione equivale a rifiuto, con conseguente inutilizzabilità della stessa in sede amministrativa e contenziosa, salvo che il contribuente non dichiari, all'atto della sua produzione con il ricorso, che l'inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile, della cui prova è, comunque, onerato; nel secondo caso, invece, la mancata esibizione di quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione, incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull'amministrazione finanziaria”.

Come opportunamente sottolineato in uno dei precedenti richiamati (Cass. 7011/2018) la distinzione tra le due preclusioni, in termini di presupposti applicativi e dell’onere probatorio sui fatti impeditivi alla produzione della documentazione, origina da una diversa formulazione testuale delle relative norme. In particolare, se l’art. 32 si limita a prevedere che “i documenti (…) non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente” (dando quindi rilievo al mero dato obiettivo della non esibizione/trasmissione), al contrario il combinato disposto dell’art. 33 e dell’art. 52 del d.P.R. 633/1972 mostra maggiore attenzione al contegno soggettivo del contribuente laddove si stabilisce che i “documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”. In altri termini, rileva in quest’ultimo caso un contegno ostativo intenzionale del soggetto verificato, di cui l’Ufficio deve dare prova affinché si applichi la preclusione.

A fronte di tali considerazioni, la Corte conclude sottolineando che nel caso di specie, non vertendosi in un’ipotesi di accesso, ispezione e verifica, l’Ufficio non è onerato circa la prova dell’intenzionalità del rifiuto a produrre documentazione.

Nondimeno, il difetto di specificità della richiesta a produrre documentazione a seguito di questionario rende la preclusione descritta dall’art. 32 inoperante. Sottolinea la Corte che “né può poi ritenersi che, a fronte di un invito a consegnare documentazione privo dei requisiti di specificità, sussista un onere in capo al contribuente di chiedere chiarimenti in ordine a quali documenti siano richiesti: è invero il richiedente Ufficio che prende l’iniziativa a dover rendere la stessa adeguatamente precisa e chiara da poter essere adempiuta agevolmente dal contribuente rispettoso dei propri doveri, senza che sia legittimo né ragionevole addossare a quest’ultimo l’onere di integrarne il contenuto con proprie iniziative essendo interesse dell’Ufficio, non del contribuente che già ne conosce ovviamente il contenuto, esaminare i documenti oggetto della richiesta”.

Per queste ragioni la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando per l’effetto la sentenza emessa in secondo grado. Benché non immediatamente utili alla soluzione della fattispecie concreta (posto che il difetto di specificità della richiesta era da solo sufficiente ad inficiare le ragioni dell’Ufficio) le considerazioni della Corte si fanno apprezzare per un estremo grado di chiarezza nel riparto delle incombenze gravanti sulle parti del giudizio tributario a fronte delle descritte vicende relative alla fase di verifica amministrativa.

A.P.

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