La contestazione di esterovestizione non presuppone necessariamente l’elusione

2 Agosto 2022

La Suprema Corte con l'ordinanza n. 23225 depositata il 25 luglio 2022 conferma i principi fissati con le precedenti pronunce n. 11709/2022 e n. 11710/2022 rilevando come in materia di imposte sui redditi, l'art. 73, comma 3 del TUIR individua i criteri di collegamento (la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale), paritetici ed alternativi, delle società e degli enti con il territorio dello Stato, la cui ricorrenza, per la maggior parte del periodo di imposta, determina la residenza in Italia e l'assoggettamento alla potestà impositiva del fisco italiano. Ciò a prescindere dall'accertamento di un'eventuale finalità elusiva della contribuente, che sia volta a perseguire uno specifico vantaggio fiscale che altrimenti non le spetterebbe.

Il caso

La società Power One Asia Pacific E.S. Co. Ltd avente sede nella Repubblica Popolare Cinese e controllata dalla Power One Italy S.p.A., ha ricevuto un avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2004 con il quale sono stati accertati redditi per € 6.342.079,14 sul presupposto che la stessa fosse fiscalmente residente in Italia.

Nel corso della verifica era stato rilevato che i componenti del consiglio di amministrazione erano cittadini italiani oltre che residenti in Italia e che gli stessi avevano ricoperto cariche di vertice anche all'interno della controllante italiana. Secondo la prospettazione dell'Agenzia, gli amministratori avevano assunto le decisioni relative alla controllata cinese direttamente dalla sede della controllante.

A conferma di tale assunto hanno accertato che il general manager cinese si consultava frequentemente con la parte commerciale italiana in caso di problemi con i clienti, non disponendo di alcuna autonomia decisionale e risultando un responsabile di stabilimento. Al contrario l’assunzione delle decisioni strategiche era demandata ai tre amministratori residenti in Italia.

Sulla scorta di tali considerazioni, l'Ufficio ha concluso per ritenere la società, asseritamente di diritto cinese, fiscalmente residente in Italia.

La società ha proposto ricorso contro l'avviso di accertamento innanzi alla competente CTP, che lo ha accolto. La medesima decisione è stata confermata dalla CTR all'esito del secondo grado di giudizio. Propone ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Entrate, ricorso affidato a tre motivi. Con il primo si denunzia la violazione dell'art. 73 del TUIR avendo la CTR erroneamente interpretato il criterio della sede dell'amministrazione come la “sede dell'ordinaria amministrazione”. Con il secondo motivo assume l'Ufficio come la CTR abbia omesso la doverosa disamina, analitica e unitaria di tutti gli elementi indiziari addotti dall'ente impositore al fine di individuare la sede effettiva della società. Infine, con il terzo motivo l'Agenzia delle Entrate sostiene la violazione degli artt. 73 e 162 del TUIR avendo ritenuto la CTR che l'esercizio entro i confini nazionali dell'attività di direzione e coordinamento implicherebbe, al più, la qualifica di stabile organizzazione.

La decisione

La Cassazione con la sentenza in commento ha accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate con rinvio ad altra sezione della CTR competente. Nel motivare la propria decisione, la Corte ha richiamato l'art. 73, comma 3 del TUIR secondo cui “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato”.

La Corte ha quindi spiegato come la norma in esame indichi i criteri di collegamento, paritetici ed alternativi, tra i soggetti passivi dell'imposizione diretta ed il territorio dello Stato, la cui ricorrenza determina l'attribuzione della residenza in Italia e quindi l'assoggettamento alla potestà impositiva del fisco italiano.

Di particolare rilievo è poi la considerazione secondo cui la rilevanza dei criteri di collegamento di cui all’art. 73 non è finalizzata necessariamente ad individuare fenomeni di esterovestizione elusiva. Ciò implica, quindi, che accertata la sussistenza della sede dell’amministrazione in Italia, ai fini della rettifica della residenza fiscale non occorra altresì accertare gli elementi dell’abuso del diritto di cui all’art. 10bis della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). Più in particolare, è irrilevante l’accertamento dell’indebito vantaggio fiscale conseguente al trasferimento della residenza in uno Stato che abbia un regime fiscale meno oneroso.

Ciò in quanto i criteri di collegamento hanno una funzione selettiva dei soggetti passivi in ogni fattispecie nella quale sorge l'esigenza di verificare la residenza in Italia del contribuente.

Secondo la Corte, in sintesi, per quanto rileva ai fini del presente commento, non v'è coincidenza tra l'accertamento della residenza in Italia ai sensi dell'art. 73 cit. e l'accertamento della esterovestizione elusiva, trattandosi di concetti che non debbono necessariamente presentarsi contemporaneamente in una fattispecie di rilevanza transnazionale.

La Cassazione ha quindi formulato il seguente principio di diritto: “In materia di imposte sui redditi, l'art. 73, comma 3 del TUIR individua i criteri di collegamento (la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale), paritetici ed alternativi, delle società e degli enti con il territorio dello Stato, la cui ricorrenza, per la maggior parte del periodo di imposta, determina la residenza in Italia e l'assoggettamento alla potestà impositiva del fisco italiano, a prescindere dall'accertamento di un'eventuale finalità elusiva della contribuente, che sia volta a perseguire uno specifico vantaggio fiscale che altrimenti non le spetterebbe”.

Con riferimento al caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso rilevando come la CTR non abbia fatto buon governo dei predetti principi, avendo aprioristicamente escluso che possa avere rilevanza il luogo dove sono determinati gli indirizzi generali dell'attività societaria, privilegiando quello ove viene gestita l'ordinaria amministrazione, declinata a sua volta in termini meramente operativi.

F.D.D.

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