Imposta di donazione “complementare”: esclusa la responsabilità solidale del notaio

31 Marzo 2022

Abstract

Con la sentenza del primo marzo 2022, n. 6617, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’imposta di donazione, non autoliquidata dal notaio in sede di registrazione di un atto da lui rogato, si configura come “imposta complementare” ai sensi della disciplina del registro. Ne discende l’applicazione dell’art. 57, c. 2, TUR in forza del quale, per l’imposta complementare, la responsabilità solidale del pubblico ufficiale è esclusa.

Il caso

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione per il recupero dell’imposta di donazione di cui era stato destinatario un noto notaio milanese. Quest’ultimo, nel dicembre 2011, aveva provveduto al rogito e alla registrazione telematica di un atto unilaterale di assegnazione del patrimonio di un trust al beneficiario, ad opera del trustee. Nel medesimo atto, il trustee dava altresì atto, in premessa, di aver precedentemente assegnato al beneficiario una somma liquida di denaro, di importo consistente, attraverso quattro bonifici eseguiti tra il giugno ed il dicembre 2011. Il notaio, in sede di registrazione telematica mediante M.U.I. (modello unico informatico)[1], aveva provveduto all’autoliquidazione dei tributi dovuti, optando per la tassazione dell’operazione con imposta di registro in misura fissa, in luogo dell’imposta di donazione con aliquota all’8% come richiesto dall’Ufficio.

Il trust in questione era, secondo qualificazione dottrinale, autodestinato: il disponente, infatti, coincideva con l’unico beneficiario. Nondimeno, l’Ufficio aveva optato per omettere la notifica dell’atto impositivo all’assegnatario delle somme, ritenendo sussistente la responsabilità solidale del notaio in quanto responsabile d’imposta ed essendo libera l’amministrazione di scegliere il coobbligato a cui rivolgersi per ottenere l’integralità del pagamento.

L’avviso di liquidazione veniva impugnato innanzi alla competente commissione tributaria provinciale che all’esito del giudizio di primo grado respingeva le ragioni del notaio. Decisione che veniva confermata nel procedimento di appello dalla Commissione tributaria regionale (“CTR”)della Lombardia, con conseguente conferma della legittimità dell’atto impositivo. In particolare, la CTR aveva statuito:

i) la legittima applicazione dell’imposta di donazione sia in sede di costituzione del vincolo di destinazione sia in sede di devoluzione delle somme al beneficiario[2]. Tale circostanza attraeva a tassazione anche le somme assegnate tramite bonifici antecedentemente all’atto di devoluzione del patrimonio residuo;

ii) la corretta applicazione dell’aliquota dell’8%, in quanto aliquota residuale applicabile ai casi non espressamente considerati dalla disciplina dell’imposta di donazione di cui al D.lgs. 346/1990 (“TUSD”) e, perciò, applicabile anche nel caso di specie posta l’identità tra beneficiario e disponente.

Avverso la sentenza della CTR, il notaio ricorreva per Cassazione, proponendo vari motivi. Per ciò che è di interesse in questa sede (essendo comunque l’unica ragione dirimente per la controversia, a giudizio della Corte), il notaio ha rilevato:

i) la violazione dell’art. 112 c.p.c. (difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato) in quanto solo in corso di giudizio l’Ufficio aveva evocato il principio di enunciazione di cui all’art. 22 DPR 131/1986 (“TUR”), al fine di assoggettare a tassazione le somme oggetto di bonifici, quali richiamate nell’atto unilaterale di assegnazione del patrimonio residuo del trust soggetto a registrazione. Il ricorrente allegava altresì l’inapplicabilità tout court di tale disposizione, posta la diversità delle parti tra atti enunciati (i bonifici) e l’atto enunciante (di provenienza unilaterale del trustee), nonchè l’avvenuta cessazione degli effetti degli atti enunciati;

ii) la violazione degli artt. 42 e 57, c. 2, TUR e dell’art. 3-ter del D.lgs. 463/1997 in quanto il notaio non poteva ritenersi solidalmente responsabile per l’imposta richiesta, in quanto avente natura complementare e non principale.

La pronuncia

La Corte di Cassazione con la decisione in commento accoglie il motivo di ricorso descritto, ritenendo assorbiti gli altri. La Suprema Corte premette che l’imposta di donazione richiesta nel caso di specie si configura come imposta complementare in forza del combinato disposto dell’art. 42 TUR e dell’art. 60 TUSD (il quale rinvia alla disciplina dell’imposta di registro per i casi di rettifica della base imponibile dell’imposta di donazione).

L’art. 42 TUR apporta la seguente definizione: “E' principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; è complementare l'imposta applicata in ogni altro caso”. Su tale impianto definitorio si innesta la disciplina di cui all’art. 57, c. 2, TUR in materia di responsabilità del notaio rogante per cui “la responsabilità dei pubblici ufficiali non si estende al pagamento delle imposte complementari e suppletive”.

Nel caso di specie, l’imposta di donazione richiesta dall’Ufficio deve ritenersi complementare in virtù del fatto che la sua supposta debenza deriva da “una diversa ricostruzione fattuale e giuridica della fattispecie impositiva, a sua volta esito non di una percepibilità ex actu, ma di una determinata e controvertibile interpretazione” su alcuni elementi fattuali, quali:

  • L’applicazione dell’imposta di donazione proporzionale sugli atti attuativi del programma del trust;
  • L’ambiguità dei presupposti applicativi del principio di enunciazione di cui all’art. 22 TUR (in adesione alle censure formulate dal ricorrente);
  • L’assoggettamento ad imposta di donazione degli atti di segregazione patrimoniale in caso di trust autodestinato.

In sintesi, si trattava di una serie di accertamenti di fatto che il notaio non avrebbe potuto svolgere e che rimangono prerogativa degli uffici impositori. Ciò in virtù di quanto disposto dall’art. 3-ter del D.Lgs. 463/1997, il quale prevede “una particolare procedura di controllo automatizzato dell’autoliquidazione, riguardante unicamente l’imposta autoliquidata la cui difformità dal dovuto risulti immediatamente percepibile – potremmo dire per tabulas – dalla disamina dell’atto trasmesso”.

In conclusione, sulla scorta delle elaborazioni della Suprema Corte, è possibile affermare che ove la maggiore imposta sia dovuta in virtù di errori di valutazione su elementi testuali commessi dal notaio in sede di autoliquidazione, si parlerà di imposta principale; di essa l’Ufficio potrà richiederne il pagamento al notaio in quanto responsabile solidale con le parti contraenti ai sensi dell’art. 57, c. 1, TUR.

Ove la maggiore imposta sia invece dovuta in virtù di accertamenti fattuali o valutazioni giuridico-interpretative – che comportino finanche il diverso inquadramento impositivo, da imposta di registro a imposta di donazione – ricorrerà il caso dell’imposta complementare; in relazione ad essa “l’amministrazione finanziaria non potrà procedere alla notificazione al notaio dell’avviso di liquidazione integrativo, dovendo invece emettere, secondo le regole generali, avviso di accertamento (…) nei confronti delle parti contraenti”, in applicazione del secondo comma dell’art. 57 citato.

A.P.


[1] Con gli artt. 3-bis e 3-ter del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 463 è stato introdotto l’obbligo di registrazione telematica degli atti notarili ed il correlato obbligo di versamento delle relative imposte autoliquidate dal notaio per mezzo del “modello unico informatico” (M.U.I.). Le norme citate sono entrate in vigore dal 1° giugno 2007.

[2] Benchè la Suprema Corte abbia omesso di pronunciarsi espressamente sul punto, ritenendo la questione assorbita, la tesi adottata dalla CTR a riguardo è stata sconfessata dalla giurisprudenza di legittimità in plurimi arresti (cfr. inter alia, Cass. nn. 1131/19; 19167/19; 8082/20). L’indirizzo ad oggi consolidato è quello per cui sono soggetti a tassazione esclusivamente gli atti di devoluzione di beni dal trustee al beneficiario. Nondimeno, laddove quest’ultimo coincida con il disponente non si realizza l’effettivo trapasso di ricchezza richiesto quale presupposto dell’imposta di donazione e successione. Se ne deduce che, in caso di trust autodestinato, l’assegnazione dei beni non è tassata né al momento di ingresso nel regime segregativo, né al momento di “uscita” dallo stesso.

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