La contabilità “parallela” può essere acquisita nell’autovettura aziendale in uso promiscuo al dipendente anche in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica

20 Gennaio 2022

Abstract

Secondo la Corte di Cassazione sono utilizzabili i dati relativi alla contabilità c.d. “parallela” di una società e contenuta in una pen drive rinvenuta presso un’automobile aziendale concessa in uso promiscuo al dipendente, in assenza di autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica. Lo stabilisce con la Sentenza del 24 novembre del 2021 n. 36474.

Il caso

La Società S. spa veniva sottoposta ad una verifica fiscale nel corso della quale i militari della Guardia di Finanza rinvenivano una contabilità “parallela” contenuta in una pen drive. Quest’ultima veniva ritrovata nell’autovettura aziendale concessa in uso promiscuo al dirigente dello stabilimento. L’acquisizione di tali dati veniva effettuata senza la richiesta di un’autorizzazione al Procuratore della Repubblica, trovandosi la pen drive in locali diversi da quelli destinati all’esercizio dell’attività commerciale della società.

Seguivano gli avvisi accertamento emessi per gli anni dal 2004 al 2010, ritenendo sussistenti l’Ufficio anche i presupposti per un raddoppio dei termini di accertamento.

La Società impugnava gli atti impositivi dinanzi alla Commissione Tributaria provinciale (“CTP”) di Matera, formulando le proprie doglianze incentrate sull’inesistenza dei presupposti per il raddoppio dei termini e sulla inutilizzabilità dei dati acquisiti presso l’autovettura in uso promiscuo al dipendente, in mancanza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica. I ricorsi riuniti venivano respinti dalla CTP adita.

La società appellava la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale, riproponendo le questioni del precedente grado di giudizio. La CTR confermava la sentenza resa dal giudice di prime cure respingendo quindi il gravame. Per i giudici di appello, in particolare, erano presenti i presupposti per il raddoppio dei termini di accertamento essendo provata dall’Agenzia delle Entrate la pendenza di un procedimento penale, manifestata anche da una richiesta di rinvio a giudizio.

La CTR inoltre riteneva legittimi gli avvisi di accertamento impugnati anche con riferimento all’utilizzabilità della contabilità parallela rinvenuta nell’autovettura, affermando che: “…gli avvisi di accertamento erano correttamente motivati in presenza di elementi presuntivi consistenti, costituiti dalla contabilità “in nero” reperita nel corso dell’ispezione, non potendosi trattare di meri budget previsionali…”.

La Contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a molteplici motivi. Per quanto di interesse ai fini del presente commento, sosteneva la decadenza del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria con riguardo alle annualità 2004-2006 e la carenza dei presupposti per operare il c.d. “raddoppio dei termini” previsto dall’art. 43 Dpr n. 600/73 ratione temporis vigente, in assenza della denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p.

Con separato motivo, eccepiva l’illegittimità degli avvisi di accertamento impugnati in quanto emessi sulla base di documentazione inutilizzabile. Ciò con riferimento a quella rivenuta dalla Guardia di Finanza all’interno dell’automobile aziendale concessa in uso promiscuo ad un dipendente, senza l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica prevista dall’art. dell’art. 52 del Dpr. n. 633/1972. Secondo la norma citata: “… per l’accesso in locali che sono adibiti anche ad abitazione è necessaria anche l’autorizzazione del procuratore della Repubblica (…) L’accesso in locali diversi da quello indicati al precedente comma può essere eseguito, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica, soltanto in caso di gravi indizi di violazione delle norme del presente decreto…”.

La pronuncia

La Cassazione con la sentenza in commento ha accolto parzialmente il motivo di ricorso relativo alla decadenza del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria limitatamente all’Irap e ritenuto non fondati i restanti motivi proposti dalla Società Contribuente.

La Corte di Cassazione, in particolare, con riguardo alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della regola del raddoppio dei termini di accertamento prevista dall’art. 43 Dpr n. 600/1973 applicabile “ratione temporis”, ha precisato che ai fini del raddoppio è sufficiente l’obbligo di denuncia penale e non anche la sua effettiva presentazione. Nel caso di specie “…la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale ex art. 331 c.p.p. emerge (…) anche dal rinvenimento all’interno del bagagliaio dell’auto intestata alla società, della documentazione parallela della contribuente, che dimostrava l’inattendibilità e la non veridicità dell’intero apparato delle scritture contabili…”.

I Giudici di legittimità hanno chiarito altresì che il raddoppio dei termini non può trovare applicazione con riferimento all’Irap poiché le violazioni della relativa disciplina non sono presidiate da sanzioni penali e pertanto non sussiste il presupposto dell’obbligo di denuncia di cui all’art. 331 c.p.p.

La Suprema Corte ha successivamente ritenuto non fondato il motivo di ricorso afferente all’inutilizzabilità della documentazione contabile rinvenuta all’interno dell’autovettura aziendale concessa in suo promiscuo al dipendente della società (i.e. dirigente dello stabilimento), in quanto eseguita dai militari della Guardia di Finanza in assenza dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica prevista dall’art. 52 del Dpr n. 633/1972.

La questione da risolvere è se l’autovettura aziendale in uso promiscuo al dipendente possa essere assimilata “ai locali destinati all’esercizio di attività commerciali” ovvero se debba considerarsi “locale diverso”, con la conseguente necessità della suddetta autorizzazione in quest’ultimo caso.

La Suprema Corte, richiamando due precedenti risalenti (Cass. 11036/1997 e 10590/2011) ha ritenuto legittima l’acquisizione della contabilità “parallela” in quanto “…costituiscono elementi insuperabili della legittimità della perquisizione dell’autovettura e del conseguente rinvenimento della contabilità parallela, l’intestazione dell’auto in via esclusiva alla società e l’utilizzo della stessa, in quel preciso frangente (i.e. quello della perquisizione) per recarsi sul posto di lavoro, da parte del direttore dello stabilimento, in base ad apposito atto negoziale, trovandosi l’auto parcheggiata all’interno dello stabilimento…”.

Con ciò escludendo la possibilità di considerare l’autovettura un locale diverso equiparabile al domicilio del Contribuente “trattandosi di spazio privo dei requisiti minimi necessari per potervi soggiornare per un apprezzabile periodo di tempo e nel quale si compiono atti caratteristici della vita domestica…”.

La decisione della S.C. è di particolare interesse in quanto, oltre a confermare il proprio consolidato orientamento circa l’applicazione del c.d. raddoppio dei termini, chiarisce come l’uso promiscuo di un’autovettura aziendale da parte del dipendente sia irrilevante ai fini della sua qualificazione quale locale diverso da quello in cui è svolta l’attività aziendale. Sotto questo profilo, infatti, l’autovettura deve considerarsi secondo la Corte un bene aziendale non equiparabile al domicilio, con la conseguenza che non è necessaria l’autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica.

Questa decisione, tuttavia, può risultare non condivisibile nel caso in cui l’autovettura custodisca comunque beni relativi alla sfera privata del dipendente, beni che verrebbero acquisiti o ispezionati unitamente alla documentazione aziendale, con conseguente rischio di lesione di diritti costituzionalmente garantiti dell’utilizzatore.

G.G.

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